Ognuno ha la sua periferia

Piano

Tra i commenti sui social network rimbalza la traccia sulle periferie, tratta da una citazione di Renzo Piano, come se il ministero avesse compiuto un miracolo inserendo tra i possibili componimenti anche un argomento sensibile. Il soggetto narrativo prescelto, nella mani di giovani cresciuti sotto il bombardamento costante di fiction, reality e talent show, potrebbe, tuttavia, divenire un’insopportabile melassa di polemica e retorica condita da luoghi comuni e stereotipi che vanno dal sentimentalismo romantico (la distruzione dell’ambiente con la scomparsa della campagna) all’immaginario pulp (il mondo oscuro e crudele dove si intreccia criminalità e disagio). Quale immagine della periferia può emergere nella generazione dei figli di Gomorra e della Terra dei fuochi? Non mi meraviglierei se qualcuno avesse citato a memoria il testo di Nu juorno buono per esemplificare il vissuto e le aspirazioni di chi vive in condizioni “periferiche”. Come si fa a chiedere la definizione di un termine che ha perso la qualificazione urbanistica di area geografica topograficamente delimitata ai limiti della città per divenire vera e propria metafora della contemporaneità? Che significa periferia in una regione connotata da un’area metropolitana che ha inglobato l’insieme delle funzioni urbane e delle relazioni umane in unico sistema sociale? Che vuol dire “vivere ai margini” in una megalopoli, estesa e ramificata per un raggio di quaranta chilometri, che ha moltiplicato i problemi di Napoli per tre milioni di abitanti?

Nel continuum urbano (che include anche comuni delle province di Caserta e Salerno), caratterizzato da esasperanti densità insediative, salta ogni gerarchia geo-sociale: tradizionalmente un quartiere o una città media sembrano periferici rispetto al centro storico e al capoluogo, ma, se considerati all’interno della vasta area metropolitana, non lo sono poiché la loro collocazione li rende punti di snodo e di interconnessione delle province e dell’intera regione. La stessa idea di rendere centro nevralgico di scambio il nolano (in provincia di Napoli, confinante con l’avellinese e sulla direttrice Salerno-Caserta) è indicativa dell’avvenuta relativizzazione della geografia urbana (del resto proprio Renzo Piano con il “Vulcano buono” ha contribuito al tentativo di centralizzazione di quel territorio). Se invece allarghiamo lo sguardo al Continente è fin troppo evidente che l’intera regione sia una delle tante periferie rispetto l’esse di sviluppo mitteleuropeo. Così come esiste una sorta di periferia censuaria nel cuore di ogni città in barba ai confini di ciò che l’urbanistica nomina e regola come centro storico. In sostanza se il centro è relativamente anche periferia, la periferia, a sua volta, è relativamente anche centro. La separazione tra queste due parti, oggi, altro non è che la metafora di una scissione sociale e culturale che divide trasversalmente i territori: da una parte il centro inteso come città legittima delle istituzioni, del mercato, della società civile e dell’opinione pubblica; dall’altra parte la periferia come città illegittima delle camorre, dell’economia sommersa, della droga, della violenza, della marginalità sociale. Due emisferi che si dispongono l’uno di fronte all’altro in maniera asimmetrica: il primo condanna il secondo come fonte di disagio e di imbarbarimento, terreno di coltura criminale e luogo popolato da devianti; il secondo si inabissa nell’ombra dei percorsi alternativi dell’economia informale e negli spazi scarsamente frequentati del degrado urbano. Due città che si mostrano separate ma che nascondono relazioni occulte. La città legittima pronuncia parole di paura, di sospetto o di condanna verso quella illegittima, ma ricorre a quest’ultima per un gran numero di servizi e prestazioni: dal lavoro domestico a quello a nero dei cantieri, dalla domanda di merci contraffatte a quella di stupefacenti, prostituzione, gioco d’azzardo o credito illegale. In superficie la realtà appare differente: si nega ogni rapporto e si esige l’eliminazione dell’anomalia con un intervento massiccio delle forze dell’ordine, oppure ci si accanisce contro la tossicodipendenza visibile, fingendo di ignorare quanto sia diffuso il consumo di droghe tra le cosiddette persone perbene.