Nino, lo stratega della vittoria

simbolo ulivo

Quando arrivava da Roma, la famiglia era in agitazione. Si capiva che la sua era una presenza speciale. Un giorno con Andrea (mio compagno di classe e di banco dalla scuole medie alle superiori) e il fratello Francesco stavamo armeggiando nel salotto della loro casa (dove mi recavo quotidianamente). Il nostro vociare fu interrotto dal trillo del citofono. Subito dopo la signora Clementina annunciò l’arrivo di zio Nino. Ricordo l’imbarazzo nell’assistere ad una scena di intimità familiare e l’ansia di giustificare la presenza di un estraneo. Entrò; aveva la barba folta e lo sguardo benevolo. Abbracciò i nipoti e poi con un sorriso (lo stesso sorriso illuminante del ritratto fotografico che oggi campeggia sulla libreria di casa) mi disse un semplice e diretto “Ciao”. Clementina rimase a parlare con il fratello mentre noi tre ci rintanammo nella cameretta di Andrea e Francesco per continuare a giocare, fingendo di studiare. Quando giunse la notizia della sua morte ero segretario di un circolo della Sinistra giovanile in cui militavano anche i due nipoti. Per gli iscritti fu del tutto naturale intitolare la sezione a Nino Magna, artefice della vittoria dell’Ulivo. Il prossimo 25 dicembre avrebbe compiuto sessant’anni. Il comune di Salerno nel 2011, grazie alla caparbietà del cognato Angelo, gli ha dedicato un largo sulla Lungoirno, nei pressi della Cittadella giudiziaria. L’Università di Salerno nel 2002 ha istituito un osservatorio elettorale in sua memoria e custodisce i suoi libri e i suoi studi in un fondo della biblioteca del Dipartimento di Scienze politiche, sociali e della comunicazione.


Chi era Nino Magna? Lorenzo Fanoli, che ha lavorato con lui gomito a gomito, così lo descrive: “Era uno scienziato, epistemologo, marxista e moderno. Amava la sinistra, ma non Berlinguer. Era laico, intelligente, disincantato, politicamente poco corretto e mite”. Alla fine degli anni Settanta entrò a far parte della sezione ricerche sociali dell’istituto Cespe, realizzando, con Aris Accornero, alcune tra le più importanti analisi sulle organizzazioni di partito e sul mutamento elettorale. A colpi di statistiche combatteva la diffidenza dei dirigenti comunisti verso la sociologia. I suoi studi sul congresso del Pci del 1989 e sui delegati del congresso di Rimini del 1991 (quello dello scioglimento) non piacquero agli uomini della segreteria. Solo Giorgio Napolitano gli scrisse considerando i suoi dati “interessanti” e “confortanti”. Di lui Renato Mannheimer ha detto: “Nino poggiava e verificava i propri ragionamenti con un calcolo statistico… che con l’andar del tempo aveva preso a padroneggiare… E la statistica… unita alla conoscenza della teoria e della politica devono aver portato Nino molto avanti nella comprensione della fase elettorale”. Nonostante la ritrosia dei capi, analizzando i comportamenti della base, aveva intuito la mutazione in corso nel corpo del partito. Per tale ragione, anche se la sua autonomia intellettuale – unita alla proverbiale riservatezza – non gli attirasse molte simpatie, fu chiamato dalla segreteria del Pds a dirigere, senza risorse finanziarie, la "Stangata", ovvero la battaglia sui flussi elettorali per la conquista dei collegi uninominali. Gli diedero una stanzetta buia al secondo piano di Botteghe Oscure nella quale, tra l’estate ‘95 e la primavera ‘96, organizzò l’ufficio elettorale del partito. Si lamentava spesso dell’inadeguatezza dei suoi interlocutori politici, l’unico che lo ascoltava, per bacchettarlo, era D’Alema, da lui definito “il maestro”, sempre pronto a segnare con la matita blu e rossa qualche sfumatura. Quale fu la svolta di Nino? Incrociando dati, simulazioni e scenari fornì le previsioni elettorali per ogni singolo collegio. Il modello indicava con precisione i punti critici su cui bisognava concentrare lo sforzo: i collegi marginali. Le sue analisi spinsero i big della coalizione a combattere sul fronte: era fondamentale impegnare, lì dove si rischiava di più, i nomi più forti e più visibili dell’Ulivo. I leader, per la prima volta, non furono mandati nelle roccaforti tradizionali me nelle città e nei paesi in cui era necessario conquistare il voto degli indecisi. L’impostazione scientifica collegata all’azione pratica – tenendo ben piantati gli occhi sui collegi in bilico – consentì alla sinistra, nell’aprile del ’96, di arrivare al governo del Paese. L’impresa di Nino fu titanica se considerate che il suo avversario diretto era un certo Gianni Pilo, sondagista strapagato, al servizio di un committente miliardario, proprietario di Tv commerciali e di agenzie pubblicitarie. Davide contro Golia, o, se volete, il Grande Fratello contro Cenerentola. Dopo la vittoria anche i più scettici erano pronti ad affidargli la responsabilità di un dipartimento che mettesse a sistema il modello Magna. Ma la malattia non gli diede tregua e lo spense nel settembre successivo. Oggi a quasi trent’anni di distanza da quel fugace incontro avrei senza imbarazzo ricambiato il suo sorriso, fiero di averlo conosciuto. Auguri Nino.