Nel centro, con il centro, per il centro

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La fine delle ideologie e la conseguente implosione della partitocrazia hanno pienamente realizzato la previsione del politologo Paolo Farneti, risalente alla fine degli anni Settanta: la corsa di tutti i partiti verso il centro dello schieramento politico. L’Italia è una nazione politicamente centripeta. Il centro è un luogo strategico da cui è possibile controllare i movimenti di alleati ed avversari. Dal centro si possono tessere relazioni verso la destra e la sinistra, ma anche verso l’alto e il basso (sindacati, impresa, poteri forti, contesti innovativi, ecc…). Il centro è la sede del Governo. Le due principali coalizioni degli ultimi vent’anni si sono sfidate non sui programmi ma sul valore semantico di un insuperabile mito politico: la destra e la sinistra (postfascisti e postcomunisti) potevano competere per la Presidenza del Consiglio solo perché avevano aggiunto un prefisso alla loro radice identitaria: centrodestra, centrosinistra. Dal che ne deriva l’ammissione pubblica di non poter governare senza garantire un approdo centrista all’elettore italiano medio.

Il centro, in fondo, è la metafora di una Repubblica che ha fondato le sue radici sul moderatismo della continuità. La DC rimane, forse soprattutto per chi l’ha combattuta, un modello di partito nazionale interclassista inarrivabile. Il soggetto politico che ha meglio interpretato il paradigma assorbente dell’Italia cetomedizzata, direbbe Giuseppe De Rita, fondatore del Censis. Se guardate all’attuale maggioranza parlamentare noterete che la grande coalizione si regge su un principio di ricomposizione che a molti sfugge. Il centro (identificabile nell’ultimo decennio della prima Repubblica con il pentapartito), spaccato da eventi esterni alla politica (le inchieste giudiziarie), si è ritrovato diviso tra destra e sinistra. Democristiani, socialisti e laici sparsi si sono aggirati tra i due schieramenti opposti senza perdere il loro ancoraggio centrista (un esempio per tutti: la famiglia Letta). Per questo è stato possibile, per molti di loro, saltare da una coalizione all’altra: sia a destra, sia a sinistra rimanevano inossidabili uomini e donne del centro. L’aver separato l’unità in due parti non ha annullato la forza magnetica del centro. Si può ritenere che lo scontro tra berlusconismo e antibelusconismo abbia inibito, per lungo tempo, la sua capacità di attrazione. Ma la crisi, le politiche di austerità e l’inseguimento del modello tedesco hanno abbattuto le barriere politiche che tenevano distinte le due metà. Così i due centri, come poli opposti, si sono riavvicinati ritrovando una nuova unità. Ciò non significa che si riformerà la Democrazia cristiana, ma è probabile che i futuri equilibri si fonderanno a partire dal nucleo centrale della grande coalizione.