NAPOLI E' UNO GENTILE, SIA ANCHE CORAGGIOSO

C'era una volta il NOSTRO (latte...)

C'era una volta il NOSTRO (latte...)

Allora, c’è o non c’è il sistema di potere dietro la schiacciante vittoria elettorale di Vincenzo Napoli alle elezioni di domenica scorsa? Ai giornalisti che gli hanno sibilato la domanda, l’altro Vincenzo, governatore della Campania, ha risposto con un brusco: “fesserie”. Vera o supposta che sia, la questione di certo non può essere liquidata con una battuta. Dopo 23 anni di gestione del potere da parte della stessa maggioranza politica -caso unico nella recente storia nazionale-, la domanda sulle ragioni di tanta longevità è non solo legittima ma doverosa. Essa coinvolge i cittadini in quanto elettori - e si sono appena espressi -, le residuali forze politiche -meno di un quinto dell’assemblea - che in Consiglio dovrebbero rappresentare l’opposizione, e i mezzi di comunicazione, che non avendo maggioranze da servire sono il megafono della società civile. E’ innegabile che in 23 anni Salerno è cambiata in profondità. Dentro il Palazzo, migliorato nei servizi e nelle funzioni. E soprattutto fuori, nella forma urbana, promuovendo da un lato consenso e dall'altro alimentando contrapposizioni durissime con gli ambientalisti. Ai quali è parso intollerabile che in assenza di crescita demografica - meno 8.810 abitanti tra il 2001 e il 2015 - si attuasse la cementificazione diffusa di ogni vuoto urbano per fare cassa e riequilibrare i conti. Nel lungo arco di tempo in cui il nuovo sistema elettorale, dando poteri enormi a sindaci e Giunte, ha favorito - anche al Sud - la rinascita di borghi e città, a Salerno non ci sono state solo luci, ma anche diffuse ombre. Eppure di queste si è spenta ogni eco nella memoria storica dei salernitani dove si sono fissati solo i tagli e ritagli di nastro, e non anche le promesse disattese, gli affari andati male (Sea Park, Finmatica, Pastificio Amato, Despar, inceneritore), i lavori iniziati e non finiti (Cittadella, Palasport, Crescent e Piazza sotto processo), e altri fatti e disfatti  (le fontane, prima costruite e poi riconvertite in aiuole). Non si spiega perché quando a Salerno si vota nessuno ricordi più niente: i milioni spesi per le 10 edizioni di luci d’artista, che hanno portato folate di “turisti del sabato sera”, ma anche inquinamento dell’aria e grave disagio alla cittadinanza; la dismissione di gran parte del patrimonio pubblico immobiliare (compresi parcheggi appena realizzati a Piazza XXIV Maggio); la (s)vendita della ricca Centrale del latte a un personaggio condannato in appello per bancarotta (e ora in attesa di verdetto della Cassazione); la monetizzazione – senza conoscerne la destinazione - dell’intero credito di 20 mln del Comune verso Monteboli  per il Parco fotovoltaico; la vera ragione per la quale il Comune ogni anno porta a nuovo un debito milionario verso Salerno Pulita; il motivo per cui usare le nostre strade è come affrontare le montagne russe; o quello per cui gli otto km di lungomare sono lasciati nell'incuria, o ancora quelli per i quali il Tribunale penale è impegnato in una serie di processi ad amministratori comunali, e la Corte dei conti ne ha condannato alcuni per danno erariale. La politica non si può giudicare coi fischi e con gli applausi come si fa al campo sportivo. Per questo il nuovo sindaco dovrebbe mandare un forte segnale di apertura a quei cittadini che mostrano maggiore sensibilità sui contenuti e la qualità dell’azione politica. Lui deve il successo al sistema di potere cui partecipa, che “ è tanto grande e tanto vale,che qual vuol grazia e a lui non ricorre sua desianza vuol volar senz’ali”. Qualcosa che prosaicamente Andreotti traduceva con il famoso “ A Fra’, che te serve”. Se è vero infatti che ha ricevuto 52 mila voti, ce ne sono almeno 62 mila da un’altra parte cui la democrazia riconosce pari diritti di cittadinanza. Sappia perciò essere coraggioso oltre che gentile.