Montaigne e il Bianconiglio

L'abitudine, diceva Montaigne, e la fissità degli atteggiamenti mentali, ottundono i sensi e nascondono la vera natura delle cose. Trascorriamo troppo tempo chiusi in una stanza. Vittime delle lancette, affidiamo ad un microuniverso tecnologico la spartizione ossessiva, razionale e ottimizzata del nostro non tempo.

Sveglia-caffè-doccia-colazione-lavoro-pausa pranzo-lavoro. Con un retino intercettiamo le frazioni di secondo ancora non accalappiate dal flusso del quotidiano. Forse c’è lo spazio di una pagina da assaporare, di un film da non perdere, di un volto amico da ritrovare. Come il Bianconiglio di Alice, i nostalgici sognano un universo senza orologi. Senza scadenze. Senza cartellini, reali o metaforici, da timbrare. Correndo su un tapis roulant, senza ben sapere a quale velocità procedere e soprattutto per raggiungere quale meta, rischiamo di assuefarci ad un flusso condizionato da un metronomo distante anni luce dai nostri interessi e dai nostri desideri. Anzi, a chi non è capitato, spegnendo l’abat-jour sul comodino, prima di abbandonarsi ad un tracollo che è altro dal sonno, di chiedersi se non siamo stati scippati anche della possibilità di sognare? Ed ecco che allora, in preda ad un furore sacro, si scava dentro il proprio io alla ricerca di una svolta. C’è chi tenta con il Superenalotto e chi si affida a un sito per programmare viaggi e vacanze low cost. Chi s’impone di iscriversi in palestra per ritagliarsi un sacrosanto spazio solo per se stesso e chi cede all’impulso di lanciarsi anima e corpo in uno dei tanti credo del terzo millennio. Ogni strada vale la pena di essere percorsa. Purchè si lotti per non cedere alla tentazione di tenere i propri sogni ben chiusi nel cassetto. Troppo comodo. In futuro, quasi certamente, troppo doloroso. Apriamoci al viaggio, che sia la scoperta di terre vicine o lontane, ma anche la curiosità di guardare sotto una luce nuova quello che ci scorre sotto gli occhi, rinunciando all’abitudine, alla pigrizia, alla sciatteria della critica. Perché come amava ripetere Jean Baudrillard, il vero viaggio è nella testa.