Malati di design (nell'Ikea per stra ricchi)

Non voglio dire che la monumentalità si possa ottenere
scientificamente o che l'opera di un architetto renda il suo sommo servizio
all'umanità nel momento in cui conduce un concetto verso la monumentalità.
Semplicemente difendo, perché lo ammiro, l'architetto che possiede la volontà
di crescere con le molte angolazioni del nostro sviluppo. Perché un uomo del
genere si trova molto più avanti dei suoi colleghi.

 

 

E' uno dei "moniti" dell'architetto americano Louis Kahn a cui il Vitra Museum di Weil am Rhein dedica una monumentale esposizione aperta al pubblico fino alla prima decade di agosto. Il viaggio tra plastici, bozzetti e fotografie, che hanno portato alla realizzazione di "icone" come il Salk Institute, il Kimbell Art Museum ed il National
Assembly Building di Dhaka, in Bangladesh, catturerà l'attenzione anche dei non addetti ai lavori, sia per la raffinatezza del criterio espositivo che per la capacità di rendere fruibile ogni algoritmo del pensiero perfino a quanti ricordano ancora oggi con terrore il momento in cui all'asilo si era obbligati ad impugnare i colori per dare forma alla casa dei propri sogni. La mostra è ospitata in un padiglione che da solo merita la sosta in Germania: progettato da Frank Gehry, incanterà chi già si è recato in "pellegrinaggio" al Guggenheim di Bilbao. Non c'è il metallo scintillante a brillare sotto il cielo basco, ma un bianco dirompente capace di spaccare il grigio fumoso che sovrasta un campus dove architettura e design sembrano essersi fusi per offrire un esempio delle loro potenzialità. Il Vitra non è infatti (solo) un museo tout court. In uno sterminato campo ad una manciata di passi dal confine con la Svizzera, trovano posto edifici progettati da Zaha Hadid e Tadao Ando, Nicholas Grimshaw e Alvaro Siza, insieme ad una avveniristica e suggestiva costruzione (che porta la firma dei pluriblasonati Herzog& de Meuron) le cui pareti di vetro riflettono luci, sorrisi, scampoli di giardini, lasciando intravvedere uno scrigno preziosissimo (è il caso di dirlo) da scoprire passo dopo passo. Quello di Herzog&de Meuron è il "padiglione" più facile da visitare (per gli altri occorre prenotare una visita guidata, fatta eccezione per lo spazio espositivo di Gehry) ma anche il più "pericoloso". Le carte di credito correranno il rischio del blocco, i bancomat subiranno una dieta dimagrante degna del più perfido allievo del dottor Dukan, i portafogli si prosciugheranno fino ad accogliere, larghi e comodi, solo i documenti di identità. Il motivo è presto spiegato. Il (book)shop del piano inferiore, introduce il tour a quelli superiori dove è possibile ammirare (e acquistare) il meglio dei mobili e dei complementi d'arredo del design mondiale. Il concetto, per intenderci, è lo stesso di Ikea: osservi, studi la combinazione di elementi, lo stile d'arredo proposto. Poi scegli colore, forma, modello. Selezioni questo o quel pezzo. Infine paghi e porti a casa (ma non con la stessa leggerezza per così dire... di conto). Chi cerca la leggendaria lampada “WG24“ by Wilhelm Wagenfeld la troverà. Insieme a molto altro ancora. Se si riesce a tenere a bada la bulimia e lo shopping compulsivo, il Vitra è una meta da non perdere. Per avere un'idea, prima di avventurarvi: www.design.museum.de