Lucky Man, la semplice complessità di Alfonso Deidda

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Una semplice complessità. Credo che questa sia la sintesi migliore per introdurre il lettore all’ascolto di “Lucky Man” (Jando Music - Via Veneto Jazz) il lavoro discografico firmato dal più giovane dei fratelli Deidda, Alfonso. Nelle dieci tracce che attraversano questo disco - dedicato all’amico e musicista recentemente scomparso, Fortunato Santoro (è lui il Lucky Man del brano) – c’è grande interplay tra i musicisti e c’è tutta la natura compositiva ed espressiva di Alfonso. Quella che guarda alla modernità di Shorter – almeno nella struttura architettonica delle composizioni – ma che sa privilegiare quel costante riferimento ad un linguaggio a lui molto congeniale e che trae meraviglie da una conoscenza profonda del jazz più classico. Il tutto frullato in un linguaggio personale, maturo, sobrio, moderno che riesce ad essere incandescente nelle punte più alte del free durante i soli, che recupera le passioni mai sopite per il latin jazz e le energie del cazzeggio funky. Ovviamente a garantire che tutta questa complessa bellezza diventi semplicità c’è la scrittura, che riesce a conferire alle tracce una cantabilità non solo necessaria al jazz per sentirsi meno musica di nicchia, ma anche per aprire il più possibile ad un se stesso che non è solo tecnica (studio, bravura, capacità, conoscenza) ma anima e creatività. E poi ci sono i musicisti, amici prima che colleghi, dal fratello Dario al contrabbasso al pianista Julian O. Mazzariello al batterista Alessandro Paternesi. Mentre a dividere la “front line” con Alfonso, Fabrizio Bosso alla tromba.

Una narrazione a parte poi, meritano le ballate – non nel senso classico di ballads – melodie intense e dal forte carattere europeo. C’è una raffinata poesia in tutte queste composizioni (Unusual - Hadas y Duendes - Center of Mood - Just for a While) capaci di esprimere una potenza narrativa unica. Pochissime note e una dilatazione delle atmosfere – ritmo/melodico - che si fanno sempre più rarefatte. Ed è proprio in questi brani che la grande sensibilità dei musicisti che accompagnano Alfonso Deidda, diventa manifesta. Con l’intensità piano-contrabbasso in “Unusual” che tesse una trama che offre al solista un tappeto di velluto sul quale far scivolare le note. Più magica “Hadas y Duendes”; intesa “Center of Mood” nella quale Dario incesella un solo fantastico e capisci poi perché è considerato tra i migliori bassisti jazz. Infine “Just for a While” che chiude l’album con un dialogo confidenziale tra il piano e il clarinetto basso. Una nenia, una ninna nanna, una ballad che è sintesi di un percorso oramai maturo.

Front cover

Insomma un disco che stabilisce ancora una volta non solo l’alta scuola del jazz salernitano ma anche la capacità di quello italiano di essersi definitivamente affrancato dalle matrici esterofile. Un principio che per gli appassionati era già evidente da decenni ma che si è perfezionato nel tempo anche e soprattutto grazie al lavoro costante di label indipendenti che hanno sempre creduto nel jazz di casa nostra e soprattutto a quella capacità di saper pescare nei linguaggi della nostra tradizione o folklorica o cantautoriale. Ma anche, come in questo caso, in quella tradizione afroamericana che si perfeziona attraverso una sensibilità culturale tutta italiana dimostrandola soprattutto sul piano compositivo melodico.

I brani: Actual Size; Lucky Man; A Tough Morning; Unusual; Arahuacos; Hadas Y Duendes; Poisoned Apple; The Center Of Mood; Pixie Dust; Just For A While

I musicisti: Alfonso Deidda (sassofoni e clarinetto basso); Julian O. Mazzariello (pianoforte); Dario Deidda (basso elettrico); Alessandro Paternesi (batteria); Fabrizio Bosso (tromba)