La tragedia del possesso

Pistola

Il dato più impressionate nei casi di violenza sulle donne è lo scatenamento di una forza bruta che si manifesta come rifiuto del distacco, della separazione e della perdita del partner. Una catena di pensieri che si impossessano delle facoltà senzienti travolte dall’ossessione del tradimento. Le discussioni, le ragioni e le azioni che hanno condotto quell’uomo e quella donna a prendere strade diverse passano in secondo piano. Non contano più le parole dette e le offese subite, né le carezze e la tenerezza dell’intimità. La calma si dilegua e la rabbia monta, alimentata da fraintendimenti che mutano la percezione della realtà. La depressione prevale e la solitudine spinge sul pedale del rancore. L’uomo annega nel mare di mille perché, dubita di tutto e di tutti e cerca di attribuire la colpa a fattori esterni al rapporto di coppia. Nessuno, nemmeno la donna amata, ha compreso la natura assoluta di quell’amore per il quale ha rinunciato al bene della famiglia, esponendosi a critiche e litigi. Vuole trovare risposta alle sue domande: telefona, cerca d’incontrare l’ex (che tale non è nei suoi pensieri), vuole parlarle e persino convincerla a tornare insieme. Invia sms e spesso l’attende nei luoghi che di solito frequenta per vedere se ha un altro. Ogni volta il tentativo di approccio si trasforma in una battaglia: lei ferma nelle sue posizioni, lui sempre più fuori controllo, incapace di comprendere la sofferenza della controparte.

La donna si rinchiude in un guscio per difendersi dall’egoismo di un uomo incapace di elaborare il lutto della separazione. È a questo punto che la bestia prende il sopravvento: l’amata diventa ai suoi occhi un essere insensibile e il guscio protettivo viene scambiato come una provocazione, un oltraggio ai suoi sentimenti o, peggio, vero e proprio menefreghismo. La bestia, ormai, non è più in grado di decifrare la realtà: crede di essere la vittima designata di un progetto premeditato. L’ex compagna assume le sembianze dell’essere diabolico che si diverte a giocare con i suoi sentimenti. Non è più l’oggetto dei suoi umani desideri ma l’obiettivo su cui scaricare la furia della bestia. Una stronza puttana che lo ha ingannato mettendolo in ridicolo con amici e parenti. L’unico modo per ribaltare la situazione è reagire recuperando l’onore perduto. La deve pagare, deve soffrire come sta soffrendo lui, deve vendicarsi dell’onta subita e mettere fine allo stillicidio. La vittima apparente diventa, così, il carnefice reale. Si procura un’arma (a meno che non l’abbia già in casa) e immagina per fotogrammi la messa in scena del delitto. Per non destare sospetti deve restare calmo e far credere alla nemica di aver accettato la situazione. Le parole misurate e i gesti equilibrati la rassicurano e l’inducono a calare la barriera. Ora lei è pronta ad ascoltare le sue ragioni perché l’uomo finge di aver afferrato finalmente i motivi dell’allontanamento. Le propone di incontrarsi per restituirle alcuni effetti personali, lanciando, quindi, un inequivocabile segnale di definitiva chiusura. Si danno appuntamento nella casa in cui lei si è rifugiata. Prima di uscire di casa, in un ultimo sprazzo di coscienza, l’uomo scrive confusamente su un foglio le ragioni che lo hanno condotto verso l’irrevocabile destino. Giunto davanti all’uscio dell’appartamento, prima di bussare, ha qualche titubanza, ma la bestia reclama la promessa del sangue. Lei, intanto, avviandosi all’ingresso, spera di porre fine a quel capitolo della sua vita. È preoccupata ma ignara, non immagina che aprendo quella porta darà inizio alla tragedia.