La stella dei veri cristiani non è mai il potere

Jericho - Jebel Quarantal - Monte delle Tentazioni

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Comunque si vogliano interpretare alcuni  famosi versi della IV ecloga di Publio Virgilio Marone (alla quale l'illustre grecista salernitano Luciano Nicastri dedicò un erudito studio uscito sulla rivista “Vichiana” nel 1989), è un fatto quanto meno sorprendente che anche il grande poeta latino nel primo secolo A.C. annusasse nell’aria culturale del suo tempo l’imminenza di una nascita capace di mutare il corso della storia. E non deve essere stato solo il contesto a fare da sfondo alla possibilità che in qualche modo il poeta di Andes fosse venuto in contatto con l’escatologia degli ambienti ebraici, e in particolare con la profezia di Isaia 9,6: “… un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre. Principe della pace”. Altrimenti come avrebbe potuto egli così esprimersi sul nascituro bambino? “…Una nuova stirpe scende dall’alto dei cieli. Tu, pura Lucina,  sii propizia al nascituro, per cui per la prima volta finirà il periodo delle guerre e si alzerà l’età dell’oro… quello sarà come un dio, e vedrà eroi mescolati agli dei, e lui stesso sarà visto in mezzo a loro, e governerà un mondo pacificato con le virtù dei padri”?  Sicché – osserva Nicastri – “del puer si può solo dire che ha degli antenati (parentes) ‘secondo la carne’ ma al tempo stesso rappresenta il frutto di un intervento divino nella storia; è, in qualche modo discendente di Giove”. Del resto, la stessa indeterminatezza circa l’identità da attribuire a questo “puer” (figlio di Dio in senso genealogico e non mitologico), che per alcuni si identificava con Asinio Gallo, figlio di Pollione, per altri con un figlio di Ottaviano, per altri ancora con un figlio di Marco Antonio e Ottavia, contribuisce a creare un’aria di mistero di cui si troverà una lontana eco nella domanda di Gesù agli apostoli a Cesarea di Filippo: la gente chi dice che io sia? Con la risposta di Pietro: tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente. Ma il punto di maggiore contatto concettuale e lessicale si ha tra l’intuizione culturale di Virgilio sull’imminenza  della "pienezza del tempo” (lettera di Paolo ai Galati) e le parole della profezia di Isaia al capitolo 11 su come si caratterizzerà il tempo della venuta del  məšīaḥ. Per Isaia in quel tempo “…il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà.  La vacca e l'orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue.  Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi”. Così anche Virgilio, ai versi 20-24 della IV ecloga: “le caprette porteranno mammelle stracolme di latte, e le mandrie non temeranno i vigorosi leoni; [la terra] per te farà sbocciare fiori vezzosi come culla. E la serpe morirà e morirà anche l’erba ingannevole e velenosa; ovunque spunterà l’amòmo assiro”. Perché tutto possa essere facilitato e compreso, il Battista amministrerà lungo il Giordano un battesimo di penitenza, invitando le folle a “preparare la via del Signore, riempire ogni burrone, abbassare monti e colli, raddrizzare le vie tortuose e spianare quelle impervie”. Insomma, la condizione minima perché il Vangelo del regno di Dio, che da adulto predicherà l’atteso“puer”, possa generare un cambiamento radicale (metànoia) nella mentalità e nella vita delle persone sulla faccia della terra, occorre, ora come allora, fare chiarezza nel cuore dell’uomo dove si formano e nascono corruzione, invidia, gelosia, adulteri, omicidio, maldicenze, ingiustizie, liti, ira e tutto quanto rende problematica e tormentata oggi la sua esistenza. Dopo 20 secoli di cristianesimo non si può dire che nulla sia cambiato. Molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare. Dopo la venuta di Cristo, nessuno potrebbe dire in teoria di non sapere cosa sarebbe necessario fare. O anche di come sarebbe necessario farlo. Avendo decine di milioni di uomini e donne dimostrato di saper seguire nel proprio stile di vita l’esempio del nazareno. Diceva Teilhard de Chardin, grande e rivalutato sacerdote-scienziato, che “noi non siamo esseri umani che vivono un’esperienza spirituale. Siamo esseri spirituali che vivono un’ esperienza umana.” Vale per tutti, ma in particolare per noi italiani che, nel pubblico come nel privato, ci lasciamo condizionare troppo dal “così fan tutti”, assumendo spesso i comportamenti altrui come paradigma dei nostri. Dimenticando che la responsabilità morale, come quella penale, è individuale. Mettano perciò pure tutti i Nonio che vogliono col sedere sulla sedia curule e diano pure assicurazioni a tutti i Vatinio loro amici che presto li faranno consoli. I veri cristiani non si lasceranno mai lusingare dalle sirene del potere.