La sfida mortale del centro destra in Campania

di Carmine Pinto
Mancano pochi giorni alla presentazione delle liste per le elezioni politiche. Il Pdl e le formazioni collegate sono in movimento. Questa volta il centro destra campano non può affidarsi semplicemente al carisma di Silvio Berlusconi per portare a Roma la valanga di parlamentari raccolti in ben 5 elezioni politiche consecutive. Ora si tratta di una sfida mortale per la sopravvivenza politica in regione ed in Italia.Il problema non sono gli elenchi compilati da Verdini a Roma, le anticamere che deputati e senatori campani uscenti, terrorizzati perdere il posto, fanno davanti al suo ufficio. Le questioni sono molte e vanno ben oltre le dimensioni del risultato elettorale, toccano la questione stessa della sopravvivenza del partito e la sua funzione come soggetto protagonista della politica in Campania.
Il centro destra non aveva brillato nella nostra regione. Il Pds-Ds e poi l'ex sinistra democristiana avevano fatto della Campania un baluardo della loro politica e del potere meridionale. Forza Italia e An erano state ripetutamente spazzate via a tutte le elezioni comunali, a volte con percentuali ridicole. Non riuscivano a creare una politica alternativa e finivano per rifugiarsi in un modesto consociativismo nei consigli elettivi, trattando con i potenti boss dell'Ulivo e poi del Pd qualche forma di sopravvivenza. Molto spesso dirigenti ed eletti, una volta acquisita la carica, passavano armi e bagagli a sinistra in cambio di qualche garanzia clientelare o di un posto in qualche istituzione.
Di converso, mentre sul territorio il partito era fragile, nel voto politico la sua forza era impressionante. Centinaia di migliaia di voti, deputati e senatori, a volte successi clamorosi. La sintesi è semplice. Il centro destra non poteva competere con i suoi avversari nella gestione del potere e nella rappresentanza regionale, ma la maggioranza dei campani, quando il voto era privo di influenze locali, votava per Berlusconi e contro il centro sinistra.
La situazione si era ribaltata tra il 2009 e il 2010 per due motivi: il suicidio del Pd, per le feroci lotte interne e la disastrosa conclusione della legislatura regionale; il travolgente successo di Berlusconi in Italia. Il neonato Pdl ne profittò per aggredire gli avversari, rinnovare radicalmente la sua classe dirigente e conquistare una dopo l'altra le istituzioni campane. Un gruppo giovane e vincente si affermò alla guida di province e di tanti comuni. Nel 2010 il trionfo alla regione, la scomparsa dell'odiato Bassolino e la sconfitta dell'altrettanto pericoloso De Luca.
Subito dopo, una crisi travolgente: il crollo clamoroso e masochistico nelle comunali a Napoli e a Salerno, le continue e a volte imbarazzanti crisi interne (clamoroso l'episodio P3), la fine del governo a Roma, molte preoccupanti vicende giudiziarie. Un colpo dopo l'altro che hanno messo a rischio la tenuta del partito e di molti enti. Di fronte a questo, le elezioni di febbraio rappresentano la linea del Piave.
Il centro destra presenterà la sua lista, quella degli ex An (Fratelli d'Italia), una lista civica e, probabilmente, un'altra frutto di collaborazione tra i gruppi regionali meridionali. Una sconfitta radicale significa un pericoloso effetto domino sulla giunta regionale, un buon risultato consentirà la sopravvivenza in Campania e, magari, un contributo decisivo a Roma. La qualità delle liste e lo schema della campagna elettorale serviranno a verificare se il centro destra potrà superare questa partita mortale.
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pubblicato su "la Città" del 12 gennaio 2013