La sfida delle Primarie aperte a tutto

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Non è pensabile che, dopo aver avuto le Primarie che “fortissimamente vollero”, Cozzolino e De Luca abbiano interesse a farle fallire proprio oggi, giorno del voto. Se sono intelligenti (e non è provato il contrario), sapranno quali istruzioni dare ai loro capataz elettorali affinché non si verifichi in nessuno dei 620 seggi alcuno dei gravi fatti paventati alla vigilia (imbrogli, contaminazione e inquinamento del voto, e quant’altro). Hanno ottenuto di battersi da soli (Di Lello li “disturberà” poco), hanno rispettato tra loro il “patto di non aggressione” (quel gentlemen’s agreement che i malevoli fanno risalire all’incontro a Palazzo di Città tra De Luca e Bassolino l’11 aprile dell’anno scorso, quando il sindaco ospitò l’ex Governatore per la presentazione del libro “Le Dolomiti di Napoli”) marcando tra loro comportamenti “politicamente corretti” durante tutta la fase, lunga e accidentata, che ha portato al voto odierno. Nessuno in Campania infatti si è accorto che i due candidati erano in competizione tra loro. Pochi elettori hanno avuto il tempo di chiedersi se tra i due esistessero differenti punti di vista sui problemi veri della regione e quali fossero le soluzioni che per essi ciascuno proponeva. Sotto il profilo comportamentale, mai come in questa occasione ha dominato il bon ton tra i competitori. Un vero primato, considerato che uno di essi è il sindaco di Salerno, novello “flagello de’ prìncipi” (come scrisse l’Ariosto di Pietro Aretino). E’ molto improbabile perciò che De Luca organizzi le proprie sturmtruppen per guastare la festa a Cozzolino, per il quale in tanti, e forse lo stesso Renzi, oggi tifano. Del resto, tra i due non c’è partita dal punto di vista dei bacini elettorali. Il sindaco viene da una provincia grande per estensione ma piccola per numero di abitanti. All’opposto l’eurodeputato Cozzolino, che può basarsi nella sola macro area Napoli-Caserta su oltre il 66% degli abitanti della Campania. E più abitanti significano più voti potenziali. A meno di fatti eclatanti e imprevedibili (quali, ad esempio, un massiccio travaso organizzato di voti per De Luca dal centro destra, non solo a Salerno ma anche nel napoletano - travaso che se significativo e provato farebbe invalidare le Primarie, aperte al voto dei singoli ma non certo a quello organizzato che le snaturasse - oppure l'improbabile presenza, forte e conclamata, di individui vicini alla criminalità organizzata), Cozzolino stasera potrebbe vincere con buon margine sul sindaco di Salerno. Il quale, grazie all'ottima performance ottenuta, riuscirebbe a negoziare con il vincitore molte cose da qui al voto di maggio. Un risultato per lui molto più utile che sferrargli un attacco temerario il cui più immediato effetto sarebbe di rimettere tutto nella mani della Direzione nazionale del Partito. Dove, si è visto, non è che abbia molti amici. Senza dire che uno sfidante di Caldoro imposto da Roma, a due mesi dal voto, annullerebbe ogni possibilità di avvicendamento di un Democrat al Governo della Regione. E questo sì metterebbe la parola fine a tutti i sogni di gloria di De Luca, anche nella “sua” Salerno. Resta l’amaro in bocca per questo Pd che proprio non ce la fa a dar corpo ai propri slanci. Che annuncia di candidarsi a “cambiare verso” alla Campania. Ma quello che poi riesce a tirar fuori è solo un irritante “cucù”. La responsabilità allora non può che ricadere sul soggetto collettivo “partito” che nel caso Campania ha mostrato un'impotenza di fondo, in mesi di estenuanti trattative, ad imporre ai potentati locali padroni dei voti di fare spazio a nuove energie. Un limite tipico del Sud – dove più decisiva diventa la spinta delle idee –  ma dove il partito non dibatte più, né manifesta più capacità progettuale di supporto all’azione degli amministratori, né più ne giudica l’operato. E non sempre finisce in gloria.