La politica del capro espiatorio

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Nei giorni scorsi abbiamo assistito a un ferimento con arma da fuoco a Pastena in cui è stato colpito un giovane incensurato di ventidue anni e a una rissa, con accoltellamento finale, che ha coinvolto due uomini dell’Europa dell’Est. Allo stesso tempo la movida, orgoglio cittadino dell’economia consumistica, e unica fonte di reddito per molti operatori commerciali, si sta spegnendo, avvitandosi in una vorticosa implosione, a causa di due fattori: il primo è esterno e riguarda il protrarsi della crisi economica, il secondo è interno ed è dovuto allo stallo del Crescent che ha sottratto spazio e servizi utili al tranquillo svolgersi della vita notturna. La congiunzione di questi due elementi ha diminuito il numero delle persone in strada provocando una riduzione della sicurezza urbana: dove c’è poca gente e molti locali che servono alcool si abbassa il controllo sociale. Così la movida da luogo in cui si incontravano le comitive di amici è diventata preda di bande improvvisate. Non è facile dimenticare i numerosi casi di aggressione avvenuti negli ultimi due anni in quella parte di centro storico in cui si concentra il by night. Non a caso è aumentata la richiesta di protezione da parte dei comitati di quartiere e dei cittadini residenti in quella zona. Ciò significa che si è innalzata nella percezione pubblica la domanda di sicurezza e che, a differenza dei “magnifici anni Novanta”, Salerno non è in grado di reggere alla nuova onda d’urto provocata dal mutamento degli equilibri sociali; equilibri modificatisi anche in virtù di un considerevole aumento di lavoratori stranieri che vivono sotto la soglia di povertà. Nel rapporto 2014 dell’Osservatorio Europeo sulla sicurezza si può leggere: “La nostra posizione sociale ha subito un sostanziale slittamento verso il basso”. La crisi, ormai considerata un dato di fatto, è una “Grande incertezza che incombe su di noi e rende difficile orientarsi. Perché non ha nomi né volti definiti. Salvo uno, forse, che nell’ultimo anno ha sovrastato gli altri fino a divenire il Nemico. Lo Straniero, più ostico e lontano di ogni altro”. La dinamica innescata è fin troppo evidente basta leggere le notizie allarmistiche sull’ebola, i comenti xenofobi relativi agli sbarchi o i numerosi fake che girano sui social network stigmatizzanti gli usi e i costumi dei diversi gruppi etnici radicatisi nel nostro paese. Ora è del tutto naturale che al montare della paura per l’insicurezza (la cui origine è sociale e non di ordine pubblico) il politico di turno sfrutti questo sentimento per stagliarsi come punto di riferimento per la maggioranza silenziosa. Così, simbolicamente, si sceglie un extracomunitario a caso davanti a un supermercato, come si fece anni addietro per i lavavetri, per far sapere ai silenti che Lui c’è, al di là delle polemiche, dei processi e degli sfaccendati piantagrane. È e rimane l’unico difensor civitatis credibile e operativo, altro che santi e processioni. Il messaggio è chiaro: “su di me potete sempre contare perché non guardo in faccia a nessuno e se dai fastidio ai miei concittadini ti prendo a calci nei denti”. Tuttavia, non è da sottovalutare l’ipotesi che la sceriffata (molto più grave di un pallone “schiattato”) sia stata programmata in vista della campagna elettorale regionale nella quale il leader del Pd salernitano si propone come aggregatore civico di consensi trasversali. Se così non fosse vorrebbe dire che il Nostro ha perso il polso della città. Da almeno due anni, infatti, sono apparsi davanti ai supermercati e alle chiese, agli angoli delle piazze e su qualche arteria principale (via Nizza, Via Dalmazia) ragazzi e ragazze di colore che chiedono l’elemosina. Salutano e stendono la mano, in qualche caso aiutano gli anziani a trasportare la spesa fin sotto il portone. Tutti hanno con sé uno zaino in cui contengono un paio di telefoni cellulari e di tanto in tanto li vedi parlare in francese o in inglese con qualcuno che li ha chiamati, incuranti dei passanti. Se avrete la pazienza di osservarli per qualche ora, senza essere visti, vedrete che a fine mattinata saranno raggiunti da una specie di “caporale” (della loro stessa etnia) che ritira la somma incamerata e li libera dall’impegno. Difatti, se il pomeriggio passate nei luoghi dove di solito li incontrate non li troverete. Con ogni probabilità sono succubi di un’organizzazione che gestisce l’accattonaggio sfruttando il loro stato di clandestinità. Il telefono che portano con sé serve per essere reperibili e comunicare eventuali problemi al “caporale”, in collegamento diretto con i superiori. Basterebbe andare a rileggere David Copperfield di Dickens per comprendere che siamo di fronte a una nuova forma di schiavismo. Al Nostro posso solo rammentare che, in quanto rappresentante civico di un’istituzione democratica, prendersela con lo schiavo, invece di perseguire e far arrestare i padroni, è un atto ignobile perché il fine elettorale non vale la messa del bene comune.