La metafora dei pinguini

pinguino

Sono le nove. Squilla il telefono. Leggo il nome sul cellulare e penso che sia una chiamata per stabilire un appuntamento tra amici. Invece no. Dall’altro capo sento una risata prolungata. Rimango in silenzio. Terminato lo sghignazzo l’interlocutore dice: “Marce’ sono affogati i pinguini!”. Non capisco, chiedo spiegazioni. Pare che alcuni pupazzi collocati sulla scogliera antistante il lungomare siano stati trascinati, in preda ai marosi, tra i pontili del molo Manfredi. “Galleggiavano a panza all’aria – continua – ma non ti preoccupare che li hanno raccolti e accuditi. Povere bestie!” e ride. “Guarda tu stesso”. Mi manda una foto su WhatsApp in cui un pinguino è comodamente seduto su una sedia. Nella sua artificiale immobilità fissa il tavolo che ha di fronte in attesa di essere rifocillato dopo l’avventura notturna. Ora, se, come si dice in giro, i pinguini rappresentano gli oppositori al sistema di potere locale (ma io – come dice Crozza – non ci credo), disposti sul confine marino della città e costretti a guardare da un lato le luci e dall’altro il Crescent, il Duplex dovrebbe gioire visto che le onde li hanno prima fustigati e poi travolti. Ma il destino, cinico e baro, ha voluto che la corrente li spingesse nel luogo dove sorgevano le Chiancarelle. La catastrofe si è trasformata involontariamente in uno sbarco che simboleggia la riconquista dell’area urbana tanto discussa e vituperata. Dopo l’Operation Avalanche, a settant’anni di distanza, abbiamo avuto l’Operation Chiancarelle. Gli alleati ci liberarono dai nazifascisti, saranno in grado i piccoli anfibi di difendere le Chiancarelle?

Questi strani animali abituati alle basse temperature polari soffrono il clima mite della nostra città. Perciò hanno deciso di allontanarsi dalla scogliera, approfittando della tempesta e del buio. Chi può biasimarli? Domenica scorsa li ho visti patire le pene dell’Inferno sotto il sole cocente di un torrido autunno. Statici, come soldatini di piombo, si lasciavano fotografare nonostante una turba di dispettosi gabbiani li avesse presi di mira con un indecoroso gioco di tiro al bersaglio. La misura era colma, così, hanno reagito reclamando il loro status di “pinguini liberi”. Sarò fazioso ma devo ammettere che i pinguini mi stanno simpatici e se avessi potuto anch’io li avrei rifocillati dopo lo sbarco. Con ogni probabilità sono condizionato dall’allegria che suscitano Skipper, Kowalski, Rico e Soldato, ovvero i pinguini del cartone animato Madagascar, inquadrati in una specie di unità militare supertecnologica pronta a lanciarsi in missioni più o meno improbabili per aiutare gli altri animali dello zoo. L’Operation Chiancarelle è tra le più ardue che abbiano affrontato: questa volta non si tratta di contrastare il solito “supercattivo”, determinato a conquistare il mondo, né risolvere i guai combinati da Julien, il re dei lemuri vanaglorioso e pasticcione, ma di affrontare le spire di un potente reale e delle sue numerose truppe. Per questo, da buon salernitano, quando ho salutato l’amico della telefonata mattutina gli ho consigliato di non farsi vedere insieme ai pinguini altrimenti lo avrebbero accusato di complicità.