LA FORZA DEL MINIBASKET, di Sergio Musungu Mazza

Oggi 1Oggi 2Oggi 3Prosegue nel migliore dei modi l’esperienza qui a Suguta... ieri è anche arrivato il sole, quindi non posso proprio lamentarmi. Sono nel mio lettuccio, sono le 6:30, e ci aspetta una bella giornata, ma devo ancora raccontarvi tante cose...
Nella mattinata di Mercoledì sono andato con Martin a Maralal ad accompagnare ancora dei bambini che tornavano a casa per le vacanze, e allo stesso tempo ho approfittato dell’occasione per far due chiacchiere con il Vescovo, Virgilio Pante, che già avevo conosciuto due anni fa, e da come potete intuire dal nome è italianissimo. Ormai è in Africa da tantissimi anni, ed è amato e ben voluto da tutti, perchè davvero ha fatto e sta facendo tanto per la sua Diocesi, di cui è il primo e fino ad ora unico Vescovo, e per tutto il popolo Samburu. Come avrete ormai capito, viaggiare qui non è così “comune” come da noi, il numero delle macchine è limitatissimo in queste zone, e sono, Matatu a parte, soprattutto macchine delle diocesi, di OGM (associazioni in genere legate a progetti di sviluppo del territorio) o ad enti governativi, più qualche sporadico mezzo utilizzato da turisti per safari di gruppo.
Quindi spesso la macchina diventa un vero e proprio “pulmino”, raccogliendo per la strada amici e conoscenti che hanno bisogno di un passaggio... quindi è un continuo salire e scendere di passeggeri, e questo fa parte della loro cultura, della loro voglia di aiutarsi l’uno con l’altro, ben consapevoli che a turno ad ognuno di loro potrebbe servire aiuto.
A tal proposito mi torna in mente uno dei proverbi degli anziani Samburu che mi ero annotato a Lodungoqwe, che dice:
KENG'ARI SACHATI E LAILELEE - "Anche lo zoccolo di un animale può essere spartito"
In tempo di necessità, quindi, anche una piccola cosa può essere condivisa, pur di conservare l'unione e l'amicizia. Come sarebbe utile che questo “spot” comparisse su qualche cartellone pubblicitario nel nostro Bel Paese... che ne pensate?
Ma torniamo a noi, e torniamo a Suguta... nel pomeriggio, una volta rientrati, i bambini mi aspettavano per il MINIBASKET: è stato un pomeriggio divertentissimo, 2 ore di allenamento dedicate alla conoscenza delle prime regole, al palleggio, e a giochi di conoscenza del proprio corpo, di come usarlo nello spazio, con 12 bambini di 7-8 anni, attentissimi, senza praticamente bisogno di traduttori (si aiutavano tra di loro) e che mi hanno fatto divertire non poco! Le difficoltà non mancano, è palese la loro disabitudine a lavorare in autonomia, a fare delle scelte, ad essere liberi di sbagliare, ma hanno dei mezzi atletici incredibili, e imparano velocemente... quando gli faccio delle domande rispondono con un filo di voce, intimoriti, spaventati, perchè qui una risposta sbagliata corrisponde a bacchettate in testa o sulla schiena (metodi un pò superati...) e piuttosto che rischiare, è meglio star zitti, e giocando imitare gli altri, seguirli, così se si sbaglia, si sbaglia tutti assieme!
Quindi ho dedicato la maggior parte del mio lavoro a dargli fiducia, a fargli capire che “l’errore” è importante, fa parte dell’apprendimento, e che non devono avere paura di sbagliare...
La cosa che mi ha più sorpreso è stata la loro attenzione, la loro voglia... sono davvero AFFAMATI! e il bello che nessuno di loro si è lamentato quando cadeva a terra, sul cemento, perche con le ciabatte o scalzi è tutto più difficile... non si sono mai tirati indietro. E attorno al campo, oltre agli occhi attenti di Padre Stephen, più di un centinaio di altri bambini guardava divertito l’allenamento.
Per me è stata, non ve lo nego, una grande iniezione di entusiasmo e di fiducia, ho capito, se mai ce ne fosse bisogno, che questa è la strada giusta, il modo giusto di proporre il MINIBASKET, ad ogni latitudine, e che questo gioco ha il potere di affascinare tutti, anche bambini che sono molto più propensi ad usare i piedi anziché le mani per giocare.
Ieri, poi, la giornata è stata ancor più impegnativama più ricca di soddisfazioni, se possibile.
Al mattino SCUOLA, 5 lezioni alla Primaria Pubblica, dove abbiamo giocato senza palloni, provando a mostrare a insegnanti e ragazzi come è possibile giocare con il proprio corpo e contemporaneamente “lavorare” sulle materie scolastiche che di solito fanno in classe... la loro risposta è stata positiva, sotto tutti i punti di vista, e ho riscontrato tanto interesse da parte di tutti, “head master” (direttore) compreso. Il tempo è volato, e alla pausa pranzo i ragazzi dello STANDARD 8 (in pratica quelli all’ultimo anno) mi hanno chiesto se alle 2, per una mezz’ora potevo tornare a trovarli, per farmi un pò di domande... ovviamente ho risposto con entusiasmo alla loro richiesta, e il tempo è volato, tra domande di ogni tipo, sul nostro paese, sulle differenze tra europa e africa, sulla loro voglia di crescere, senza però perdere contatto con certe tradizioni, affrontando temi più frivoli come il cibo ad altri più delicati come il rapporto allievo/insegnanti (lo soffrono, è chiaro, ma non sanno come muoversi), la figura della donna nella società e la circoncisione, maschile e femminile.
Hanno voluto vedere foto del nostro paese, del nostro cibo, e la cosa che più li lasciava esterefatti erano le nostre strade ASFALTATE.
Poi si sono divertiti con la macchina fotografica a farsi foto tra loro, e il tempo è volato.
Dovevano essere 30 minuti, ma abbiamo abbondantemente sforato l’ora, tanto che ho dovuto interromperli con dispiacere, perchè avevo appuntamento al campo da basket con i più piccoli.
Da 12 siamo cresciuti, avevo oltre 40 ragazzi in campo, tanto che abbiamo dovuto limitare l’allenamento a quelli fino agli 8 anni, erano 16, mentre per gli altri l’appuntamento lo abbiamo dato all’uscita da scuola (finiscono alle 6).
Dopo il palleggio abbiamo affrontato il tema del passaggio, e ho guardato, con piacere, che per nessuno di loro è mai stato un problema “privarsi” del pallone (ne abbiamo solo 2) per darlo ad un compagno, cosa che invece in Italia spesso fa disperare noi istruttori (difficile fare una lezione senza un pallone a testa).
Hanno giocato a collaborare, ad andare a canestro senza usare i palleggi, e ho notato in loro una sempre maggior confidenza con il gioco, e con il oro istruttore. Come il giorno precedente le 2 ore sono passate veloci, e alla fine hanno ricevuto, come il giorno prima, la “ricompensa” per il loro impegno, un bel Lollipop (il leccalecca) che hanno aspettato diligentemente seduti, senza lanciarsi addosso come invece accadeva a Lodungoqwe quest anno... sto riflettendo sulle tante differenze tra queste due comunità, e soprattutto su quello che era Lodungoqwe due anni or sono con Padre Jairo, molto più simile alla Suguta di oggi che alla stessa Lodungoqwe attuale... è chiaro.. il pesce marcio puzza dalla testa!
Sento che quello che sto facendo è apprezzato, sedermi la sera a tavola con Padre Stephen e Padre Samuel mi fa star bene, so che mi sto “guadagnando la pagnotta” e non sono qui a fare il turista o l’ospite indesiderato... stiamo parlando di diversi progetti, di come migliorare le cose, e vedo che mi danno ascolto, che hanno molto rispetto e molta considerazione delle mie parole, e oggi per “ricompensarmi” mi accompagneranno in un posto a 2 ore da qui che desidero vedere perché segnalato dalla mia amica Lonely Planet come degno di nota... andremo a Lesiolo! non temete, la macchina fotografica e pronta, e vi racocnterò tutto, come al solito! ora vado a fare colazione, sono le 8, e tra poco si parte... bye bye amici!