La fine della stagione riformista

Aldo Moro Emilio-Colombo

Cinquant’anni fa suonava la campana a morto per la programmazione. Il rallentamento della stagione riformista, inaugurata con il centro-sinistra, è messo in moto dalla politica morotea dei “due tempi”. Lo scontro tra innovatori e conservatori assume i toni della sfida quando viene resa pubblica la lettera inviata da Emilio Colombo ad Aldo Moro. La missiva, nata come nota riservata del ministro del Tesoro al presidente del Consiglio, è pubblicata nel maggio 1964 sul quotidiano «Il Messaggero». Cosa c’è scritto nel documento? L’esponente del governo avverte il Premier che in quell’anno, ad una contestuale diminuzione del reddito, si sarebbe aggiunto un incremento dei salari con un aumento del deficit della bilancia dei pagamenti e un aggravamento del processo inflazionistico. Per evitare il collasso si consiglia di stabilizzare la situazione economica, anche in mancanza della collaborazione dei sindacati, tramite restrizioni creditizie e provvedimenti fiscali, senza riguardo ai pericoli di deflazione e disoccupazione.

Infine, si punta il dito contro la programmazione: di fronte al «pericolo mortale che corre non soltanto l’economia, ma anche la democrazia, si insiste in una politica di riforme di struttura che nessuno sa bene cosa siano; si insiste nel progetto di ordinamento regionale; si insiste su una legge urbanistica che prima ancora di vedere la luce ha paralizzato l’industria edilizia». Perché Colombo sceglie la via dello scandalo? Il primo motivo è attaccare i socialisti senza rischiare una crisi di governo; il secondo è costringere Moro ad adottare un atteggiamento risoluto, rinunciando alle esitazioni e ai tentennamenti nei confronti del Psi. La lettera di Colombo rappresenta le istanze di una coalizione di poteri forti: la Presidenza della Repubblica, la Banca d’Italia, il mondo finanziario e la Cee. Quest’ultima, durante il consiglio dei ministri della Comunità (aprile 1964) ha caldamente raccomandato all’Italia di proseguire nella politica deflattiva. Sebbene la Cee drammatizzi i toni (con una lettera al governo italiano in cui si dichiara che il deficit della bilancia dei pagamenti potrebbe compromettere il Mercato comune) non v’è dubbio che le forze contrarie alla programmazione si avvalgano del grido d’allarme per sconfiggere i riformatori. In verità, è la stessa coalizione moderata ad aver fatto pressioni affinché la Comunità facesse pesare la sua autorevole posizione. Dal che possiamo rilevare che è pratica duratura l’utilizzo strumentale del vincolo europeo per imporre scelte economiche di compressione dei consumi per contrastare il deficit italiano. Anzi, se rileggiamo con attenzione il brano della lettera di Colombo («pericolo mortale che corre non soltanto l’economia, ma anche la democrazia»), si può notare come i qualificati suggerimenti europei siano piegati al fine di esplicitare una minaccia della tenuta democratica nazionale. Da questo punto di vista il Piano Solo del generale De Lorenzo è solo la punta di un iceberg spinto, da correnti sotterranee, contro ogni tentativo di riforma capace di alterare gli equilibri consolidati tra Stato, politica ed economia. Esiste oggi una pericolosa montagna di ghiaccio nel mare della politica italiana? A voi la risposta.