La favola amara del Movimento 5 stelle

Il dio del giornalismo ha voltato la faccia dall’altra parte nel caso del Movimento 5 stelle salernitano. In nome della trasparenza e della libertà – due parole che da sole non significano niente - il gruppo si è esposto come corpo nudo alla voracità della “narrazione” locale,  alla quale non è certo mancato materiale a buon mercato. Fin da luglio, quando tutto è cominciato,  il movimento si era macchiato del peccato di hybris: nel pantano della politica locale,  i 5 stelle avevano la presunzione di avviare un percorso lineare  verso la costruzione delle liste: assemblee aperte, autocandidature, deputati garanti,  il tutto “en plein air”, con cittadini volenterosi per la propria città. Stavano invece per immolarsi al fiero pasto dei tanti che aspettavano sulla sponda del fiume. La provincia è così, non ti perdona mai di proporti come migliore degli altri. Tuttavia fin dall’inizio tra i “migliori” erano emerse una serie di incongruenze che non facevano presagire nulla di buono. Nel gruppo c’erano attivisti  che poco c’entravano con il Movimento a cominciare da Dante Santoro, un giovane rampante che da almeno un decennio è in attivissima e personalissima carriera politica; c’erano inoltre membri di meet up che erano già stati diffidati nel 2014 dal gruppo dei deputati salernitani. Il  “luminoso percorso” sembrava insomma viziato dall’aver aperto a scopi elettorali ad una serie strisciante di “serpi in seno”, da mister 600 preferenze (tante erano andate a Santoro nel 2011 nella lista Giovani per Salerno con De Luca) agli “onesti” attivisti di base,  una sorta di “talebani” che stavano lì con un solo scopo: imporre i propri nomi e sabotare il percorso di altri candidati. Lasciati così tutti a ruota libera, con dichiarazioni e post ribollenti sui social, ha prevalso la voce di chi era più interessato ad una strategia di controllo o forse di chi aveva ben chiara una strategia. A tutti era infatti noto che il candidato maggiormente quotato fosse Oreste Agosto, l’avvocato che si era fatto portatore, insieme ai Figli delle chiancarelle e a Italia nostra, di un serio intervento legale sulla gestione De Luca,  dalla battaglia sul Crescent alla decadenza da sindaco. Una proposta forte che certo ha suscitato molto antagonismo e rivalità; ma soprattutto una proposta di “rottura” nel sistema cittadino dove da anni anche i gruppi avversari  finiscono per ricomporsi nell’ovile deluchiano. Questo è stato uno dei maggiori  problemi, tanto per la destra che per l’area di sinistra e che hanno reso in questi anni difficile anche solo immaginare di costruire una alternativa. Il “mantra”  che accomuna molti gruppi di opposizione sulla “critica costruttiva” esprime proprio questo: la prudenza utile per possibili alleanze ma anche la non uscita dall’”alveo” deluchiano, pena la scomparsa politica. Lo stesso ragionamento serpeggiava ( è il caso di dirlo) tra il Movimento 5 Stelle fino a quando la contraddizione è scoppiata: la proposta di Agosto era troppo “antideluchiana”  e andava in tutti i modi ostacolata, prima con il voto massiccio a Santoro; poi, fallito il primo round, con l’attacco diretto e personale. Si arriva così alla ridicola mozione di sfiducia anonima che in qualsiasi gruppo serio sarebbe stata considerata carta straccia, mentre in molti si ritirano mettendo in seria difficoltà Agosto che rimane con una lista incompleta e l’unica speranza aggrappata a Grillo. La missione è compiuta, il movimento ne esce a pezzi,  il gruppo è allo sbando, la lista in forse. I diciassette anonimi “ ammutinati”, invece di essere espulsi in un movimento che espelle per molto meno, presentano sul web proprie dimissioni solenni manco fossero Ratzinger che dà l’addio al papato, mentre altri “troll” imperversano su facebook. Uno sfascio, in nome di una webcrazia idiota che si esercita sulla pelle della città.  Così tra Santoro e i meetup,  si è realizzata una tenaglia nella quale sono rimasti impigliati gli stessi deputati e nella quale sono cascati  molti in buona fede.  La morale di questa ennesima  favola salernitana è molto amara: il Movimento non ha saputo tutelare il suo candidato, ma se non si riuscirà nemmeno a presentare una lista, chi ci ha perso è una città nella quale anche gli avversari devono essere “amici”.