La difficoltà di succedere all'ex sindaco De Luca

"For every complex problem there is a simple solution that is wrong." G. B. Shaw

"For every complex problem there is a simple solution that is wrong."
G. B. Shaw

Mancano più o meno nove mesi al voto amministrativo, ma ormai in città quasi tutto si fa con un occhio a quell’ appuntamento politico. Tanto che si è tirato dentro anche il Santo Patrono con uno stiracchiato compromesso sulla sua festa. Il problema della successione a De Luca c’è e si vede. Non solo nel perturbato schieramento d’opposizione (cui si sottrae il M5S che per ora non ha rappresentanza consiliare), ma velatamente anche in quello di maggioranza, dove il senatore Andria fa sapere che “il futuro della città non può essere solo un problema di famiglia (alludendo all’insistenza di voci sulla possibile candidatura di uno dei rampolli del Governatore della Campania) e i consiglieri comunali dicono no al rimpasto per non dare “un vantaggio competitivo” ad alcuno di loro. Ma qual è in breve “la” difficoltà (al singolare) che ostacola – a distanza di un così lungo periodo di governo della città da parte dello stesso gruppo di potere – un’alleanza tattica di forze da opporre alla “macchina da guerra”, che ha stracciato persino il primato delle “regioni rosse”, dove (lo osservava Carmine Pinto qualche settimana fa) il Pci e i suoi eredi hanno governato sì a lungo, ma mai affidandosi alle stesse persone? D’altra parte, la causa di questa inamovibilità non può farsi risalire solo agli errori e all'inadeguatezza dell’opposizione, politica e sociale. Ci deve essere qualcos'altro di più profondo dell'emulazione del “modello emiliano”. Qualcosa che abbia attinto le linee guida ad una visione più “scientifica”, sociologica e filosofica. Qualcosa capace di trasformare un potere” diffuso e pervasivo (che parte dall’ amministrazione comunale e si dirama alle Società partecipate, di qui alle Fondazioni, ai Consigli di amministrazione di enti pubblici, quando può ai Media, ai Sindacati, alle Associazioni ed Enti culturali fino all’ associazionismo privato) da struttura a "funzione", seguendo la distinzione operata dal sociologo-filosofo tedesco Niklas Luhmann. Quello che è stato costruito in 20 anni a Salerno è in buona sostanza una sorta di “schema” di società, in cui diventano determinanti non tanto le strutture in se stesse quanto le funzioni che esse svolgono per tenersi in equilibrio con l’ambiente esterno. E poiché l’ambiente naturale ha una complessità e imprevedibilità di gran lunga maggiori del sistema, questo, se vuole sopravvivere, deve crescere in complessità. La difficoltà di succedere a De Luca sta nella complessità del “sistema” sociale "allevato" a Salerno. Una complessità che oggi pesa nella battaglia politica e la depotenzia in partenza, perché nessuno sa dove mettere mano per crearvi una breccia che sottragga al "sistema" forza vitale. Chi ha avuto la possibilità di leggere “Macht” (il libro di Luhmann del 1975 non a caso tradotto in Italia da “Il Saggiatore” con il titolo “Potere e complessità sociale) sa che il primo capitolo di quel libro ha un titolo eloquente per i salernitani: il potere come mezzo di comunicazione. Per poco che si sia stati attenti alle vicende locali, è proprio quello che è accaduto a Salerno. De Luca ha comunicato attraverso l’esercizio del suo potere. E se qualche problema lo ha avuto, è stato quando questo “potere” ha mostrato il suo lato debole alla presenza di un altro potere in grado di bloccarlo. Le poche volte in cui l'azione giudiziaria ha causato un’interferenza nella comunicazione del potere comunale, nella cosiddetta civilis societas non si sono avute significative reazioni, perché “la complessità sociale” del sistema si è chiusa a riccio di fronte all’attacco dell’ambiente esterno, fingendo di non vedere e non sentire. Quello, perciò, che può mettere in crisi il sistema” è  proprio la possibilità di impedire al potere di comunicare attraverso i suoi atti d’imperio, quando essi presentino profili di illegittimità. Non a caso si è al lavoro a tutti i livelli per stemperare al massimo la forza di dissuasione delle leggi. Perciò, più che a seducenti programmi elettorali (facili da scrivere, ma anche da copiare), bisogna pensare a come "rompere" la complessità del sistema. Un modo lo ha suggerito Habermas che con Luhmann ha battibeccato parecchio. Bisogna opporre alla società intesa come “sistema” (dominata dal danaro e dal potere) la società intesa “come mondo della vita” (caratterizzato dall’agire comunicativo tra le generazioni). Due mondi in conflitto. Dove il primo tenta di continuo di colonizzare violentemente il secondo. Che si chiama della vita, perché, anche a Salerno, vive e lotta per non farsi colonizzare.