La cricca degli affari gestisce appalti e voti

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Quando Monica Paolino è stata eletta presidente della commissione anticamorra del Consiglio regionale della Campania, sono stato raggiunto da diverse telefonate che mi dicevano di scrivere qualcosa per sottolineare quanto quella scelta fosse stata inopportuna. Non sono mai intervenuto in merito perché non mi va di blaterare inutilmente sulla perenne questione morale, soprattutto in una regione che giorno dopo giorno dimostra quanto sia vano il richiamo all’etica nella vita politica. Di fronte ad un’indagine della magistratura per voto di scambio non si può, però, rimanere in silenzio. Non si può tacere sul fatto che il comune di Scafati, come rilevano da anni le opposizioni, sia al centro di attenzioni giudiziarie. Non si può tacere la preoccupazione che, ancora una volta, l’Agro nocerino sarnese sia coinvolto in una vicenda di scambi tra politici e camorristi. Non si può tacere il fastidio, nonostante la galera, di dover tornare a parlare, nelle dinamiche di governo locale, del fantasma di Cosentino e dei casalesi. A dire il vero non ho mai creduto che, finiti in galera i capi storici del clan, la partita fosse chiusa. Si sarebbe trattato di un gang e non di un’organizzazione mafiosa. Ancora una volta abbiamo sottovalutato che in questa regione esistono due forme criminali, quella metropolitana e quella periferica o di provincia che ha una struttura molto simile a Cosa nostra e si nutre dei rapporti con la politica. Siamo di nuovo punto e a capo. Ogni volta ci tocca ripartire e ricordare che non bisogna mai distrarsi. Abbiamo già dimenticato cosa è successo a Pagani; abbiamo già dimenticato che il comune di Scafati nel 1993 fu sciolto per infiltrazione camorristiche; abbiamo già dimenticato che Rosaria Capacchione si è candidata capolista per richiamare l’attenzione su vicende non chiare che riguardavano l’ente municipale.

Nel novembre scorso la senatrice dall’Antimafia aveva chiesto al Ministro dell’Interno un approfondimento su possibili penetrazioni della camorra negli apparati burocratici del comune e la sospensione cautelare della segretaria comunale, Immacolata Di Saia, che negli ultimi anni ha avuto incarichi di responsabilità in alcuni comuni del casertano tra i quali Casapesenna, San Cipriano di Aversa e Casal di Principe, e in provincia di Salerno a Battipaglia, tutti sciolti per infiltrazioni camorristiche. È evidente che non è questo il problema. La magistratura non indaga sulle coincidenze ma su fatti probanti. E quali sono? Il nesso è quello dello smaltimento dei rifiuti, della trasformazione urbana e della gestione “creativa” del bilancio comunale. La vicenda di Scafati, se dovessero essere confermate le ipotesi di reato, è simile a decine di altre vicende in cui si rivela l’esistenza di un rapporto «sinallagmatico» tra politici, burocrati, imprenditori e camorristi. La prestazione dell’uno corrisponde alla contro prestazione dell’altro. Un accordo trasversale fondato sul vantaggio reciproco. Le illecite relazioni tra gli attori si fondano su uno scambio utile ad accrescere le opportunità e i redditi delle parti contraenti l’accordo. Si tratta, quindi, di una scelta fruttuosa per i rispettivi interessi: quanto di più distante si possa immaginare da uno stato di necessità determinato da una minaccia irresistibile di coazione. L’imprenditore (quando non è egli stesso diretta espressione del sodalizio criminale) riceve dal politico lavori e possibilità di profitto dal mafioso, pace sociale e credito nei rapporti con gli amministratori locali; il mafioso riceve denaro dall’imprenditore, protezione giudiziaria dal politico, legittimazione sociale da entrambi; il politico vede garantite la forza elettorale e ingenti profitti economici che divide con il burocrate il cui compito è garantire il condizionamento delle funzioni pubbliche. Il rapporto sinallagmatico ruota, come è noto, intorno allo sfruttamento delle risorse statali. Un sfruttamento paradossale che trasforma la Repubblica, attraverso la leva elettorale dei politici corrotti e il tecnicismo dei burocrati infedeli, in un animale bifronte autolesionista: da un lato finanzia le mafie con il denaro destinato a opere e servizi pubblici danneggiando la collettività, dall’altro lato paga gli stipendi a magistrati, poliziotti e impiegati per difendere quella stessa comunità che intanto sta danneggiando. Una schizofrenia che a lungo andare può solo condurre al suicidio.