La commedia dell'arte nella sfida elettorale

Moretti

Ormai ci siamo. Se fosse una tappa del Giro d’Italia potremmo dire che i due capisquadra stanno pedalando ruota a ruota in vista del traguardo ormai prossimo. Non è stata una sfida epica e appassionate, come quelle di Coppi e Bartali, ma le tifoserie ai bordi delle strade, tra salite e discese, si sono fatte sentire: chi lanciava bottigliette d’acqua, chi incitava, chi imprecava, chi urlava un “Forza Vicienzo!” o “Vai Stefano!”. Nel massimo dello sforzo hanno avuto anche il sostegno dei Commissari tecnici, conosciuti negli ambienti come “il giovane dal sorriso intelligente” e “la vecchia volpe innocente”. È partito, dunque, lo sprint finale. I commentatori in studio, analizzando la strategia dei corridori, hanno messo in evidenza la mancanza di fair play da parte della squadra demopopulista: alcuni ciclisti si sono presentati allo start dopati e con biciclette elettriche per affrontare la salita senza fatica e tirare la volata al capitano. Il pubblico che assisteva da casa si è un po’ indignato per il comportamento poco sportivo dei demopopulisti, ma non c’è stato niente da fare: il piglio risoluto del capitano, che nonostante la caduta con frattura si è rialzato più determinato di prima, ha conquistato la simpatia degli spettatori, perché, si sa, alla gente piace chi ce la mette tutta per vincere. L’altro capitano è un passo indietro. Tecnicamente è preparato, ha il fisico asciutto del vero atleta, l’atteggiamento dello sportivo di classe, ma non scalda il cuore dei tifosi per quel suo modo di pedalare composto e compassato come se stesse passeggiando in un campo di fiori. Guerriero l’uno, bucolico l’altro, ma l’attività agonistica è la rappresentazione pacificata della violenza umana, della competizione a testa bassa dove conta la razionalità, il colpo di genio ma anche il valore, il coraggio e il desiderio di primeggiare, sconfiggendo l’avversario. È la simulazione di una battaglia in cui, come diceva qualcuno, si mescolano “sangue e merda”.

Questa è la ragione che ha portato il capitano demopopulista ad avere un vantaggio di mezza ruota sull’avversario/nemico. Intanto il fatto di aver composto un team pieno zeppo di mercenari non lo ha penalizzato più di tanto, anzi gli ha dato finalmente la ribalta nazionale, dopo aver fatto il gregario per tutta la vita pedalando per altri capitani poco coraggiosi. Fuor di metafora, la caricatura di Crozza lo ha reso simpatico anche perché la megalomania che lo contraddistingue è, né più né meno, un vezzo per un personaggio presentato, comunque, come un buon amministratore. In realtà, noi che viviamo qui e che sappiamo leggere le carte, al di là degli slogan, sappiamo quanto questa parte della storia sia una falso mito; una bolla comunicativa che neanche Crozza, con il suo genio satirico, è riuscito a sgonfiare. Sono proprio i tic, estremizzati dal comico, quel suo modo di sviare le domande degli interlocutori, riportando tutto sulla sua straooooodinariaaaa esperienza di sindaco amato dai salernitani, a renderlo una maschera plausibile e godibile della commedia dell’arte all’italiana: Balanzone a Bologna, Arlecchino a Bergamo, Meneghino a Milano, Gianduia a Torino, Pulcinella a Napoli e Vicienzo a Salerno. Ci avete pensato che figura ci fanno i salernitani nella gag del comico genovese? I cafoni, le bestie, gli imbecilli, gli affannati mentali che si fottono la “ringhieretta”, che si “arrubbano” le panchine, che cucinano le sarde nei copriruota delle auto, che ostruiscono le “fontanelle” con le gomme da masticare siamo noi, un popolo di selvaggi, primitivi e violenti, incapaci di vivere civilmente senza la guida illuminata del nostro Signore. Ci ha concesso l’uso della “pennicellina”, la gioia del “Natale” e persino l’utilizzo del cavetto usb. Prima di “Lui” si cacciavano i delfini, si mangiavano uova di pterodattili e c’erano “pezzi di cadaveri” per strada (anche se i cadaveri per strada ci sono ancora oggi). Ora mi domando e vi domando: questa, se pur ironica, è l’immagine di Salerno? Cosa ne pensano gli amministratori che hanno governato questa città negli anni Settanta e Ottanta (naturalmente i non convertiti al volere del magnanimo Signore)? Mi viene in mente una frase di Nanni Moretti tratta dal film “Bianca”: “Il mont blanc non è come la sacher torte” e, continuando, quando scopre che l’interlocutore non ha mai mangiato il dolce austriaco ribatte: “Lei praticamente non ha mai assaggiato la sacher torte… Vabbè continuiamo così… facciamoci del male”.