La banca dei favori: di padre in figlio

Nepotismo

Fin quando Salerno era un semplice capoluogo di provincia meridionale fuori dal cono dei riflettori nazionali ha vissuto in tranquillità la sua dimensione di “repubblica autonoma monocratica”. Nessuno si interessava alla terra del Golfo e nella strategia della politica nazionale era incasellata come un feudo elettorale assegnato al capo politico governante. Ogni tanto appariva al telegiornale per una presa di posizione un po’ bizzarra del sindaco ma poi tornava alla sua quiete piccolo borghese. In questo “giardino segreto” sconosciuto ai più, a meno che non vi si era capitati per una breve sosta prima di raggiungere la costiera amalfitana o quella cilentana, le famiglie storiche non hanno mai smesso di incontrarsi nei loro salotti integrando, anno dopo anno, i vari parvenu del governo locale, ammaliate da quel piglio decisionista tanto gradito alla maggioranza conservatrice della città. Salotti dove il magistrato è amico dell’avvocato nominato dalla controparte, il dirigente della pubblica amministrazione conversa con l’architetto in vista della gara d’appalto, il politico discute con l’imprenditore sulla variante urbanistica da adottare. Tutt’intorno una schiera di giornalisti, intellettuali, liberi professionisti prezzemolini e portaborse vari, promossi al grado di consulenti perché fa più radical chic. Si conoscono tra di loro e consumano litri di aperitivi mentre discutono incidendo sul destino di una città che finge di non sapere assecondandoli nella loro pomposa volontà di mostrarsi in tutto e per tutto classe dirigente elitaria, con una vena populista antidemocratica. Qualcuno la chiama casta, qualcun altro massoneria, altri ancora ricorrono all’espressione ambigua di “amici degli amici”. Ma non è una novità.

Al di sopra del blocco sociale urbano c’è sempre stata un’invisibile cabina di regia che unisce trasversalmente i poteri legittimi e occulti del capoluogo. È in questo ambiente lobbista, di scambio familistico, che si è instaurata la pratica del passaggio di consegne dal padre al figlio. L’attività messa su dal capofamiglia viene trasmessa come un blasone aristocratico che determina le gerarchie interne del “salotto” salernitano. La politica con questa pratica di relazioni sinallagmatiche non c’entra nulla, proprio nulla. Quello che accade nelle stanze di case private o di circoli esclusivi è un investimento personale e personalistico che tende a capitalizzare i rapporti professionali e affaristici attraverso l’istituzione di un’immateriale Banca dei favori. Ecco come la descrive Paulo Coelho ne “Lo Zair”: “Io so che tu sei un personaggio destinato ad affermarsi, ad avere molta influenza, un giorno… Così comincio a fare versamenti sul tuo conto – depositi che non sono in denaro, ma in contatti. Ti presento a questa e a quella persona, facilito determinate trattative. Tu sai che mi devi qualcosa, anche se io non chiedo mai niente. Un giorno ti chiedo qualcosa: tu potrai rifiutarmelo, ma saprai di essermi debitore. Se farai ciò che domando, io continuerò ad aiutarti. Gli altri sapranno che sei una persona leale, effettueranno versamenti sul tuo conto… Un giorno, chiederanno anche a te qualcosa, tu ascolterai e ricambierai chi ti ha aiutato… La banca dei favori è un investimento a rischio, come qualsiasi altro. Potrai rifiutarti di farmi il favore che ti chiedo, pensando che ti ho aiutato perché lo meritavi, perché tu sei il migliore, e tutti abbiamo il dovere di riconoscere il tuo talento. Bene, allora io ti ringrazierò e chiederò a qualcun altro, sul conto del quale ho effettuato dei depositi. Ma da quel momento, senza che ci sia bisogno di dire niente, tutti sapranno che non meriti nessuna fiducia. Potrai crescere ancora, si, ma non fino al punto che vorresti. A un certo momento, la tua vita comincerà a declinare: sarai arrivato a metà, non alla fine, sarai mezzo contento e mezzo triste; non sarai né un uomo frustato, né un uomo realizzato. Non sarai né freddo né caldo: sarai tiepido, e, come dice un evangelista in uno dei libri sacri, le cose tiepide non colpiscono il palato”. Ecco il meccanismo che muove la cabina di regia. Se sei “figlio di” hai un conto già aperto grazie alle donazioni di un genitore che, pur non avendo più l’energia di un tempo, intende aiutarti perché non può o non vuole sentirsi inerte: il suo sogno non è la pensione, bensì la lotta intrigante rappresentata dal potere e dalla gloria che si prolunga attraverso la prole. Una mutazione statica che, mediante il ringiovanimento generazionale, afferma la conservazione di una pratica extrapolitica, avulsa dal sistema di regole del gioco democratico.