L'uomo che viene dalla fine del mondo

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Secondo il premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz, è in atto una lotta di classe dei ricchi contro i poveri. La crisi è l’alibi di una guerra di rapina condotta dal capitalismo finanziario che applica un meccanismo di “redistribuzione al contrario”. Le politiche europee di austerity sono, infatti, un gigantesco strumento di drenaggio verso l’alto dei redditi da lavoro e dei risparmi delle famiglie. “Le banche, i fondi di investimento, le grandi imprese, lo Stato che aumenta il carico fiscale sui cittadini senza restituire nulla in servizi, hanno accumulato un’enorme massa monetaria che non ‘sgocciola’ nell’economia reale, resta nelle sfere della finanza e viene usata per acquistare o vendere buoni del tesoro che non modificano il quadro della crisi”. Così scrive la Cgil nell’undicesimo “Rapporto sui diritti globali”. Da questo punto di vista il governo delle larghe intese è il risultato finale del “pilota automatico” tecnocratico evocato dal presidente Bce Mario Draghi: le politiche economiche europee devono andare avanti, indipendentemente dalla maggioranza parlamentare alla guida di un paese, applicando la regola del rigore del bilancio, pretendendo la liberalizzazione dei servizi e attuando la precarizzazione dei rapporti di lavoro.

Tuttavia, sul cammino dei cavalieri oscuri della finanza si è messo di traverso un anziano signore vestito di bianco che arriva dalla “fine del mondo”. Papa Francesco non è certamente un rivoluzionario, ma è la dimostrazione che si può essere innovatori pur senza essere progressisti. La sua linea di intervento pastorale si sta concentrando sul depotenziamento della suddetta “lotta di classe” con un conservatorismo paternalista e pauperista che rischia di far saltare le carte agli “imperatori” delle borse. Mentre si briga per tagliare ovunque i diritti sociali, in nome della fede neoliberista (e della ricchezza finanziaria), il Papa argentino si è issato sul soglio pontificio per riaffermare il valore della politica (e dunque delle comunità territoriali) sulla protervia della finanza globalizzata, cercando di rovesciare i rapporti di forza fra i due contendenti. Il pilastro di questa svolta è la solidarietà non solo come forma episodica di carità ma quale dispositivo di governo delle società contemporanee. “Se in tante parti del mondo – ha detto il Papa lo scorso 5 giugno – ci sono bambini che non hanno da mangiare, quella non è notizia… che alcune persone senza tetto muoiano di freddo per la strada non fa notizia. Al contrario, un abbassamento di dieci punti nelle borse di alcune città, costituisce una tragedia… Così le persone vengono scartate, come se fossero rifiuti. Questa “cultura dello scarto” tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti”. Anche il Papa ha letto Bauman e ha scelto di mettere le mani nella vischiosità della società liquida senza paura.