L'oligarchia delle "caste"

oligarchia

Vi è mai capitato di essere coinvolti in una discussione con giovani liberi professionisti affermati o dalle belle speranze sulla crisi economica in cui versa il Paese? L’argomento scivola quasi sempre sull’immobilismo della società italiana oramai ingessata nel suo corporativismo. Il vostro interlocutore, di solito, dopo la tiritera sulle tasse (regolarmente evase) – intervallata da qualche apprezzamento sessuale sulle donne e qualche aneddoto accaduto in vacanza o in barca – passa ad attaccare la “casta” con piglio populista e toni antipolitici. Guardatelo bene mentre si infervora perché ciò che dice sembra credibile e persino condivisibile; tuttavia prima di allontanarvi non dimenticate di mandare i vostri ossequiosi saluti al padre. Cosa c’entra il padre? Beh tutto è cominciato da lui – in qualche caso di maggior blasone si deve risalire al nonno – che negli anni del benessere economico è riuscito a laurearsi e con sacrificio ha tirato su uno studio professionale o un’attività autonoma ereditata oggi dal vostro interlocutore pronto a sciorinare, come un fiume in piena, il suo qualunquismo civile.

Secondo i dati del Censis nel mondo delle libere professioni il 40% degli occupati ha sostituito un genitore rilevando un’attività già ben avviata. Per avvocati, architetti, ingegneri, medici, notai, commercialisti, geometri, commercianti, artigiani, imprenditori e persino attori e cantanti la trasmissione generazionale del lavoro si è ridotta ad un rigido esercizio del familismo. Il passaggio di consegne da padre in figlio si è diffuso anche in molti ruoli pubblici: insegnanti, docenti universitari, giornalisti, magistrati e politici. É come se il padre, una volta conquistati i piani alti, abbia messo fuori uso l’ascensore sociale per evitare che altri potessero insidiare la posizione raggiunta. Insomma, il vostro interlocutore ha goduto di un vantaggio competitivo che non ignora ma che dà per scontato in una società statica in cui le relazioni professionali e clientelari sono parte integrante del patrimonio familiare. Nascere all’interno di una “casta” garantisce sicurezze e protezioni sociali negate alla massa di giovani in cerca di occupazione. Certo ci sono le eccezioni, ma come sempre confermano la regola. Prendiamo il caso della politica. Non esiste una percentuale che indichi il grado di trasmissione familistica della “professione”; eppure basta dare uno sguardo ai componenti di un qualsiasi consiglio comunale, provinciale, regionale o agli scranni del Parlamento per valutare la portata dell’occupazione: figli, nipoti, sorelle, fratelli, mogli, mariti, amanti, cognati, parenti acquisiti sciamano nelle istituzioni con il compito di preservare e rafforzare bacini elettorali e lobby di potere con una gestione surreale del denaro pubblico che ha superato i limiti della decenza. Il broker politico, a differenza del passato, è a tutti gli effetti un libero professionista, completamente svincolato dal mandato di partito. La classe dirigente non è più selezionata dal conflitto interno ed esterno al proprio ambiente di riferimento. Oggi si raggiunge un qualsiasi livello di governo locale e nazionale solo se si è ottenuta l’attenzione dei media, se si appartiene a circuiti esclusivi, se si è superata la prova della cooptazione e se la famiglia è parte di un’oligarchia autoreferenziale la cui riproduzione avviene per partenogenesi.