L'inconsapevolezza storica dei renziani

Fanfani - Rumor

Non sono un renziano e neanche un antirenziano; non sono iscritto al Partito democratico, né a nessuno di quelli oggi esistenti. Non sono mai stato comunista, democristiano o socialista. Mi sono formato in gruppi laico-progressisti con forti accenti etici e una grande rispetto per la storia Patria. Sono un cittadino la cui identità politica non ha rappresentanza parlamentare, né un soggetto organizzato di riferimento. Eppure ogni volta che scrivo o che apro bocca qualcuno senta la necessità di trovarmi una collocazione. È il riflesso condizionato di una cultura politica che ricade nell’eterno manicheismo dei pro e dei contro. Non mi è mai piaciuta l’ossessione del nemico che ha nutrito la nostra storia sin dai tempi dei guelfi e dei ghibellini. Ed è stato sempre così: monarchici e repubblicani, fascisti e antifascisti, comunisti e anticomunisti, mafiosi e antimafiosi, craxiani e anticraxiani, berlusconiani e antiberlusconiani, renziani e antirenziani. Un mondo diviso in due, senza sfumature, in cui basta una parola per essere condannati. A ferragosto ho scritto un post su Facebook provando a fare un paragone storico. Cosa ho scritto? Ecco a voi: “Rileggendo alcune sudate carte, mi viene da pensare che Renzi sia passato dal pragmatismo fanfaniano al doroteismo rumoriano. Non se ne abbiano a male i militanti del Pd, ma questo partito (?) può essere paragonato solo alla storia della Dc e non a quella del Pci... a dire il vero, vista la sua natura ibrida, non sarebbe possibile nessun confronto ma guardando al passato e al vagheggiamento del partito della nazione rimane l'unico strumento comparativo possibile; del resto non credo che il segretario/presidente sia ispirato da figure come Togliatti, Longo, Berlinguer, Natta od Occhetto; mi sembra piuttosto che vi sia un continuo richiamo, vedi la retorica dell'Italia del Miracolo, ai leader democristiani... prima di concludere vorrei ricordare che in quell'Italia i deprecabili gufi erano i comunisti, e la sinistra socialista, accusati di danneggiare con le loro critiche un’Italia lanciata verso il benessere”. I più accaniti commentatori sono stati i renziani. Mi hanno accusato di non comprendere quanto il Premier sia avanti e di essere abbarbicato alla storia del Novecento applicando una griglia interpretativa ormai superata.

Se solo per un istante avessero preso un respiro prima di digitare furiosamente sulla tastiera per stanare il nemico, si sarebbero accorti che: il pragmatismo fanfaniano e il doroteismo rumoriano sono relativamente associabili alle fasi del Renzi 1 e del Renzi 2; il partito della nazione è già esistito e si chiamava Democrazia cristiana; il riferimento ai gufi è lo svelamento di un’incoerenza interna visto che i post comunisti sono i principali fondatori del Pd; il Premier non può richiamarsi alla tradizione dei partiti della classe operaia poiché quando è entrato in politica era già scomparsa; il Partito democratico come la Dc, a differenza del Pci, è al governo del paese alla testa di una vasta coalizione; il richiamo ai leader democristiani non è una diminutio ma l’attestazione di una capacità di governo in una situazione nazionale difficile, alla guida di un partito complicato; la retorica del benessere è una vecchissima arma di propaganda democristiana, così come lo è l’accusa di autoritarismo scagliata dalla sinistra; considerare i suddetti gufi come nemici significa ricadere del Novecento proprio mentre si afferma di volerlo accantonare. Il vero problema è l’assenza di consapevolezza storica non tanto del segretario/presidente quanto dei suoi fans. La storia non si supera, si accumula per questo è uno strumento che ci aiuta a comprendere da dove veniamo. Renzi non è un marziano e il suo modo di fare è adeguato a questo presente così come lo era quello di Moro negli anni Sessanta. La storia di una nazione non si cancella come l'hard disk di un computer, né si può riformattare, altrimenti la politica sarebbe un virus e non un'opportunità. Se gli italiani conoscessero realmente ciò che è stato e non il rimasticato del sentito dire non avrebbero tollerato alcuni atteggiamenti che, invece, sono stati premiati con il consenso elettorale. Ora vi devo lasciare perché ho appuntamento con il mio amico Tonino “micciariello”.