L'anno che verrà: proletari 2.0

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Ci siamo il 2015 sta per terminare. Ancora poche ore e prenderà “il Volo”. Sarà alle nostre spalle come un cimelio che si aggiunge alla lista degli oggetti da riporre. Prima di buttarvi nella mischia della piazza (il nuovo rituale tribale metropolitano che costringe alla sfida del gelo, per ascoltare cantanti di cui non ti frega niente, con tanto di bottiglia di spumante) e subito dopo lo spaghetto e il gamberone, tra una scodella di purea e un piatto di lenticchie, fatevi un esame di coscienza. Ripercorrete gli eventi accaduti negli ultimi dodici mesi, tutti, nessuno escluso: i momenti tristi e quelli di gioia irrefrenabile, gli istanti di noia mortale e quelli di attivismo frenetico, i frangenti di cupa disperazione e quelli di soddisfazione personale. Infilateli l’uno dentro l’altro per trarre la somma di ciò che è stato e ciò che inevitabilmente continuerà ad essere. Il trapasso del capodanno, ahimè, non interrompe il flusso del tempo e il concatenarsi degli accadimenti. Stappate e godete dell’attimo di sospensione sapendo, tuttavia, che l’anno venturo è la conseguenza di quello appena trascorso, nonostante la vecchia strofa reciti “Scurdammace ‘o passato”. Così, nel mezzo del turbinio di fuochi d’artificio e cipolle rompi timpani (a proposito mi complimento con il sindaco per aver vietato esplicitamente l’uso dei botti), dopo aver redatto mentalmente il vostro resoconto individuale, baciate la vostra compagna e tenete stretti i figli, provando a concentrarvi sui fatti di cronaca del 2015 che vi hanno maggiormente scosso, perché questi saranno parte della nostra storia futura. Immaginate di essere protagonisti di un gioco in cui vi si chiede di sintetizzare l’anno con una sola immagine. Quale sceglierete? Je suis Charlie o il Bataclan? I barconi alla deriva o il piccolo Aylan, restituito dal mare alla terra quale simbolo del nostro mostruoso egoismo?

Qualcuno, birichino, penserà alla ministra Boschi e qualcun altro penserà al pensionato che si è suicidato. Ad alcuni apparirà il volto del premier ad altri quello barbuto del comico genovese. C’è chi si concentrerà sulla possibilità di costruire una sinistra extra Pd e chi spererà nella rinascita del centrodestra. Molti cattolici affideranno la loro sintesi all’icona pop di Papa Francesco, saranno invece in pochi quelli che materializzeranno la figura sbiadita di Obama, del quale la storia rammenterà essenzialmente due cose: essere stato il primo presidente di colore degli Stati Uniti d’America e il primo premio Nobel per la pace che ha fatto la guerra. Per quanto mi riguarda, sfidando la retorica, l’immagine più significativa è quella di mio figlio Riccardo che spegne la candelina del primo anno. Per chi vive in stato di precarietà da almeno vent’anni (un callo doloroso a cui ci fa l’abitudine anche se le scarpe stanno strette) questa è l’unica certezza di futuro che vale per il 2016 e per sempre. Sono sicuro che quanti vivono la mia stessa condizione (troppi) nutrono intimamente lo stesso sentimento. La mia è la generazione dei proletari 2.0 fatta di donne e uomini pienamente integrati, al centro di relazioni umane dense e pregnanti, ma che quotidianamente lottano contro la povertà sempre in agguato. Sebbene alcuni di noi siano socialmente inseriti, la maggioranza rischia una strana marginalità che ti rende visibile nei social network e invisibile nella realtà. L’unica strategia di sopravvivenza possibile è rivoluzionare la logica del benessere sradicandolo dalla ricchezza materiale. La mia stabilità, nella precarietà, è il ruolo di padre; un padre cosciente che il suo solo patrimonio sia la prole quale fattore d’inversione dell’attuale declino. Le piccole mani che si tendono verso le braccia, l’esigenza di protezione, la necessità di assicurare ristoro e serenità, il dovere di concedere autonomia, di comprendere un diniego e di ascoltare per continuare ad imparare sono alla base non solo di un sano rapporto tra genitore e figlio ma anche del sistema di valori di una società cosiddetta democratica. Si arriva difficilmente a fine mese ma nei suoi occhi sorridenti ritrovo la forza per affrontare il nuovo anno, il successivo e tutti quelli che verranno. Buon 2016.