L'Alta Corte mette la parola fine ai polveroni della politica

Palazzo della Consulta

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Dunque sulla Severino la politica-politicante ha sollevato per mesi solo polveroni finendo per ammorbare ancora di più il clima politico. Ma ieri sera la Corte costituzionale in seduta pubblica ha  messo la parola fine al pour parler che attorno a quella legge si era sviluppato, generando secondo l'italico costume un esercito di supponenti costituzionalisti. Conosceremo nei prossimi giorni le motivazioni del pronunciamento piuttosto atteso dall’opinione pubblica che pur masticando molto poco di diritto costituzionale era riuscita, con maggiore lucidità degli addetti ai lavori, a capire la ratio ultima di quella legge (soprattutto del suo strapazzatissimo articolo 8 sulla sospensione cautelare dalla carica per coloro che “hanno una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all'articolo 7, comma 1, lettera a), b), e c)". Fin tanto che nelle maglie di questa disposizione si era trovato il Cavalier Berlusconi, nessuno – tranne i suoi avvocati – si era azzardato a giudicarne incostituzionali alcuni tratti normativi. Il problema è sorto quando nella rete sono finiti i massimi rappresentanti del populismo meridionale: prima il sindaco di Napoli De Magistris, e poi l’ex sindaco di Salerno ora governatore della Campania De Luca. Con questa differenza tra i due: che l’ex sindaco di Salerno si era candidato a governatore dopo essere stato sospeso proprio in applicazione delle Severino. E quindi ben sapendo che in caso di elezione avrebbe dovuto superare questo scoglio. E ci era riuscito (nonostante il Governo lo avesse per tempo sospeso) perché – ripetevano in molti, anche il presidente dell’Autorità contro la corruzione, Cantone, sicuro che la Severino necessitasse di un “tagliando”– quella legge presentava diversi profili di incostituzionalità. Non è il caso ora di elencarli, perché la Corte – (relatrice la dottoressa Daria de Pretis, nominata da Napolitano) ha dichiarato in modo netto l’infondatezza del ricorso. Del resto, conformemente si erano espressi nel tempo anche giuristi e collegi giudicanti, chiamati a dirimere ricorsi contro la sospensione di amministratori sanzionati. Con la pronuncia dei giudici di Palazzo Fuga, la legge Severino almeno sul territorio nazionale non potrà essere più discussa. E con questo precedente è altamente improbabile che la Corte di Giustizia Europea, già adita da Berlusconi – possa capovolgere il verdetto. Quello che invece può accadere è il prolungarsi del braccio di ferro da parte degli interessati. A dire il vero, mentre perdenti su tutta la linea – sia nell’immagine che nelle personali prospettive di carriera – appaiono i due maggiori tra essi (De Magistris e De Luca, che ha sempre assimilato il suo caso a quello del sindaco di Napoli, ma che da domani è probabile cambi versione, reclamando l’assoluta originalità del proprio) per l'esito sfavorevole del ricorso di incostituzionalità (per fortuna scansata), non così sembra potersi dire di Renzi e del suo Governo. Sarà per furbizia o sarà per altro, va dato atto all’Esecutivo di essersi mosso bene sul terreno delle proprie competenze. Sicché quel parere netto di infondatezza – dato dall’Avvocatura dello Stato pochi giorni fa, in dissonanza con la soluzione pasticciata suggerita al neo eletto Governatore prima dell’insediamento (e da lui puntigliosamente rifiutata) oggi si trova in perfetta sintonia con quello dei giudici dell’Alta Corte, e qualche risultato politico lo porta a casa. Forse addirittura più di uno. A ben vedere, con la pronuncia di ieri – che attiverà di certo nei prossimi giorni una serie di scontate reazioni a catena in campo giudiziario e politico – Renzi si trova messi fuori gioco un po’ di personaggi ingombranti. E’ chiaro che, se vuole resistere nella capitale alle pressioni di Marino che tenta di rimettersi in gioco, deve dimostrare in Campania – dove il M5S porrà presto il problema – di essere capace di adeguarsi alla prospettiva aperta dalla pronuncia di ieri sera della Corte costituzionale. Il che significa che deve trovare un valido competitor per le elezioni comunali a Napoli (dove a questo punto anche Bassolino appare fuori gioco); deve trovare una soluzione sostenibile per la probabile sospensione anche del governatore De Luca (visto che passaggi statutari della Regione sembrano precludere una lunga gestione vicaria); e forse anche per Salerno dove le ripercussioni della sentenza della Corte si riveleranno pesanti nel turno elettorale di primavera. Renzi sa benissimo che ora in Campania non può sbagliare una mossa. Perché nella regione di Luigi Di Maio ci potrebbe essere quanto prima la prova generale su chi governerà l’Italia nei prossimi anni.