Isochimica, quando pure il silenzio uccide. Maria Di Serio (Cgil Salerno): "Pressiamo per una legge ad hoc"

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Ammazzati dall'amianto.
Prima un lungo, lunghissimo silenzio. Poi, oggi, la verità cruda e inconfutabile sulla contaminazione degli ex operai dell'Isochimica di Avellino arriva come un pugno nello stomaco dal risultato dell'indagine a campione - ottanta analisi che hanno dato tutte lo stesso risultato - condotta per due anni dai medici della provincia di Salerno sotto la guida del Professore Mario Polverino, direttore del polo di Broncopneumologia dell'ospedale Mauro Scarlato di Scafati.

Tra il 1983 e il 1988 l'Isochimica spa, azienda avellinese di Elio Graziano fallita nel 1990, si è occupata di scoibentare le carrozze ferroviarie e i vagoni delle Ferrovie dello Stato per liberarle dall’amianto. Per cinque anni, 330 operai hanno lavorato a contatto con l'amianto senza alcuna protezione, senza misure di sicurezza, a mani nude, coperti solo da una mascherina di carta. In quei cinque anni sono state scoibentate 499 elettromotrici e 1.700 carrozze per un totale di ventimila chili di amianto. Graziano, ex patron dell'Avellino calcio, rimase coinvolto nello scandalo 'lenzuola d’oro' (quello degli appalti truccati per rifornire i treni notte di biancheria scadente) e fu condannato a 5 anni e mezzo di reclusione. Fu allora che l'Isochimica chiuse.

Oggi, le conclusioni dello studio di Polverino sono lapidarie: i lavoratori ex Isochimica dovranno essere monitorati per tutta la vita, poiché all'interno del loro organismo c'è un killer pronto ad entrare in azione. Un killer che può restare latente per un tempo che va dai 15 ai 45 anni con un rischio che resta costante nel tempo, anche se si è eliminata del tutto l'esposizione.amianto-isochimica

Gli operai si sono rivolti ai sindacati per urlare la propria disperazione e chiedono l'attenzione dei media per il dramma che stanno vivendo ma anche per accendere i riflettori sul rischio di disastro ambientale per l'inquinamento prodotto dallo stabilimento nel borgo Ferrovia alla periferia di Avellino. Quell'amianto si è sparso e ha innegabilmente contaminato il territorio. A soli cento metri dall'impianto dell'ex Isochimica c'è una scuola elementare, a duecento la stazione ferroviaria. I cubi di cemento giacciono ancora lì - 469 blocchi di cemento amiantato per un totale di quasi 3000 tonnellate di scorie -, in parte abbandonati nel piazzale dell’azienda e in parte accatastati, con il rischio che dalle crepe possa fuoriuscire la polvere di amianto. E si discute della necessità della bonifica dell'area (a giugno 2013 il tribunale di Avellino ne ha disposto il sequestro), di avviare uno screening sul territorio avellinese ma soprattutto di modificare la legge 257 del '92 sulle norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto.
Una situazione incandescente sulla quale si sta mobilitando con forza anche l'Ordine dei Medici di Salerno, spinto alla determinazione di portare avanti e sostenere iniziative con l'obiettivo di tenere alta l'attenzione su questa drammatica vicenda.

Di SerioA Maria Di Serio, segretaria generale Cgil Salerno, chiediamo di aiutarci a capire come mai solo oggi si sia rotto il silenzio e quali strumenti abbia messo in campo il sindacato a tutela dei lavoratori.
"La vicenda è di fortissimo impatto sociale e, nella sua complessità, impone di essere attenti sui tempi. Per anni non c'è stata chiarezza sulla reale entità del pericolo. Il risultato dell'indagine condotta dal Professor Polverino è determinante in tal senso".
Come vivono oggi gli operai contaminati dall'amianto?
"Conducono un'esistenza nella consapevolezza che la morte possa non essere lontana. Alcuni non ci sono più - il bilancio è di 11 decessi - e tutti, chi più chi meno, hanno cominciato a sviluppare le conseguenze della contaminazione. Per la gravità dell'esposizione e la durata dell'impegno lavorativo, c'è chi ha la malattia in uno stadio più avanzato, altri invece - quelli che stanno meglio - hanno cercato una nuova occupazione, pur non potendo esibire un certificato di sana e robusta costituzione. Questi uomini, nonostante la loro situazione, sono costretti a fare i fabbri o i minatori e a tacere sulle proprie patologie, sebbene queste attività andrebbero loro precluse per il rischio che possano far sviluppare concause alle patologie preesistenti. Per questo noi della Cgil di Salerno, insieme alla Cgil di Avellino che per competenza territoriale segue la vertenza, abbiamo deciso di seguire i lavoratori coinvolti, tenendo conto che sta venendo fuori anche un'altra questione delicatissima: la presenza di amianto sepolto all'interno dell'area dell'Isochimica. Una questione gravissima di inquinamento ambientale su cui ora bisognerà fare luce con opportune verifiche, visto che l'opera di bonifica del territorio è trascinata da anni tra inerzie e ritardi".
Quale percorso è stato intrapreso, sotto le sue direttive, dalla Camera del Lavoro di Salerno a tutela degli ex operai dell'Isochimica?
"Stiamo riaprendo tenacemente la discussione, puntando ad un intervento legislativo ad hoc, e nello stesso tempo abbiamo avviato un percorso con l'Inps e l'Inail. Da una parte, quindi, alimentiamo un canale con i parlamentari, dall'altra un'interlocuzione con gli enti pubblici per rivedere lo stato tabellare previsto per questi lavoratori. I dipartimenti nazionali di Cgil, Cisl e Uil stanno pressando sul decreto legge. Sono procedure che hanno i loro tempi, ma queste persone non possono aspettare. L'attuale legge è superata rispetto all'esposizione all'amianto e ha impedito che gli operai potessero fare richiesta di avere riconosciute le patologie. Non essendo più all'interno della fabbrica, si sono accorti in ritardo della malattia e non hanno presentato le domande nei tempi previsti ed ora sono fuori dalla copertura di tipo assistenziale".
Da quali patologie sono affetti questi lavoratori?
"Forme tumorali che compromettono l'apparato respiratorio e patologie correlate. Molti operai non hanno avvertito nulla o quasi per molto tempo e ora subiscono le conseguenze dell’avvelenamento da asbesto. L'esposizione all'amianto ha lasciato in loro segni indelebili: lavoravano in gallerie chiuse dove venivano infilati i vagoni dei treni che dovevano essere ripuliti dalle coperture di amianto. Nel corso della lavorazione, si generava un pulviscolo negli ambienti chiusi e per questo l'esposizione è stata concentrata. Non c'era ancora una cultura particolarmente diffusa sulle norme di sicurezza, ma c'è stata negligenza e persino scelleratezza da parte del proprietario dell'azienda. La situazione è esplosiva e possiamo ipotizzare che possano esserci risvolti inquietanti, ma per ora la magistratura sta indagando".
Perché questo silenzio?
"Prima le conoscenze sui pericoli dell'amianto erano meno note. Dopo la chiusura dell'azienda non c'era la percezione della malattia, che invece è venuta prepotentemente fuori negli ultimi anni. Per questo i lavoratori si sono rivolti al sindacato, prima ad Avellino e poi a Salerno, proprio quando qualcuno cominciava ad aggravarsi. Hanno aperto un dialogo con noi, che abbiamo avviato una serie di verifiche e cominciato a lavorare in tandem con la Camera del Lavoro di Avellino. Nel tempo ci sono arrivate indicazioni dall'Università di Siena dove molti di loro erano andati a curarsi, ma per legge non gli enti di ricerca ma solo le Asl possono decretare le patologie. Questo è avvenuto solo di recente, con l'indagine condotta dal Professor Polverino che ha fatto emergere l'inquietante verità. La battaglia è in corso e non sappiamo quali sviluppi potrà avere. E' un problema più sociale che lavorativo in senso stretto: molte famiglie rischiano di perdere il loro punto di riferimento. Il patronato ci dà una mano ad istruire pratiche e trovare percorsi per la tutela della salute dei lavoratori. E' evidente la gravità della situazione. Colpisce la grande dignità con cui questi lavoratori stanno testimoniando ovunque possono e con tutta la forza interiore le loro estreme difficoltà".