Il teatro lontano dal Vesuvio

teatro-450x600Il dibattito sul Fus  (Fondo Unico dello Spettacolo) che si è aperto di recente sui tagli al teatro italiano e in particolare a sale e operatori campani,  porta con sé - oltre le consuete criticità rese ancora più acute dalle ultime normative - una più peculiare e irrisolta questione:  quella di una discussione ancora una volta circoscritta all’area napoletana. Una sorta di “Sud nel Sud” che vede ignorato il territorio regionale che consta di altre quattro popolose province con un ricco ma per nulla sfruttato bacino di utenza. In molte regioni italiane il teatro è una attività diffusa con una distribuzione teatrale che copre percentuali molto alte di comuni (c.a 70 ad esempio in regioni come Marche, Friuli, Toscana, Puglia e altre, a fronte dei 25 del Teatro Pubblico Campano, di cui 14 nel napoletano) ma soprattutto,  tra Circuiti, Teatri  Nazionali ex Stabili, spazi e programmi regionali, alla programmazione dei  cartelloni si affiancano numerosi progetti speciali, di residenze, formazione, rassegne nei vari territori regionali. Se il Teatro Pubblico Campano programma solo in 25 comuni questo è anche da addebitare anche ai Comuni stessi che o non sono interessati al teatro o preferiscono gestire in proprio cartelloni  "locali" spesso di scarsa qualità.  In Campania tra i  “superstiti” ancora finanziati dal Ministero c’è una sola compagnia che non ha sede a Napoli (I due della città del sole  che fa capo a Luigi di Filippo) che risulta avere sede a Benevento; il Teatro segreto del salernitano  Ruggero Cappuccio ha sede a Napoli; l’Icra project di Michele Monetta, anch’egli salernitano, ha anche sede a Napoli ed è stato falcidiato da questi ultimi tagli; la recente Casa del Contemporaneo con sede a Salerno nella ex Salid (Teatro Ghirelli) si porta dietro una grave e irrisolta situazione debitoria di uno dei partner né si sa come e se si aprirà questa nuova stagione mentre fioccano decreti ingiuntivi e gruppi attivi di creditori su Facebook. Eppure il territorio non è poi così deserto in particolare sul versante del contemporaneo; vi sono esempi, tra gli altri, a Caserta con  il Teatro Civico 14 e Officina  Teatro; a Pagani con Casa Babylon; il Teatro Diana a Nocera con alcune recenti rassegne teatrali;  Lustri Teatro nell’avellinese a Solofra del gruppo Ypokrites, il Teatro 99posti a Mercogliano; i salernitani  con Pasquale De Cristofaro, il coreografo Michele de Stefano e il gruppo di danza Borderline e altri operatori  come Vincenzo Albano che presentano spettacoli, laboratori,  rassegne e si muovono fuori dal dilagante teatro amatoriale che contraddistingue la provincia;; si aggiungano inoltre nuove sale teatrali da completare come a Sala Consilina, a Sapri e in altri comuni che potrebbero essere coinvolti in nuove programmazioni. Oltre alla grande storia di tradizione napoletana, le ragioni di queste disparità campane sono molteplici e di non facile soluzione. In primo luogo la straordinaria concentrazione di sale e operatori nella città di Napoli, rappresentati dall’Agis, finanziati dalla Regione che ne fanno  un “sistema” professionalmente evoluto in grado di orientare piani e programmi e normative della pubblica amministrazione; di contro l’indifferenza a programmi culturali di qualche serietà di sindaci e amministrazioni periferiche, cui si aggiunge una smania di protagonismo e autogestione che ha schiacciato ogni creatività indipendente e professionale. Inevitabile conseguenza la scarsità e la disorganizzazione degli operatori che – salvo alcune zone protette dalla politica - si muovono isolati e in condizioni del tutto autarchiche. Il teatro “lontano dal Vesuvio” è quindi un teatro povero, debole, disorganizzato, non riconosciuto. E’ il caso quindi di pensare ancora  ad un Polo Teatro Napoli  come propongono oggi  i napoletani - che si stanno giustamente organizzando in maniera agguerrita contro i tagli - e non piuttosto ad un Polo Teatro Campania? Non si tratta di togliere le già magre risorse ma di integrare e di aggiungere,  certamente a cominciare dalla Legge regionale sullo spettacolo del 2007 che è stata decurtata dagli originali 20 milioni di euro agli attuali 11; ma i criteri della legge anche essi frutto di concertazione con le imprese, non fanno che rispecchiare la fotografia esistente del teatro in Campania in gran parte concentrato a Napoli; vanno invece aperti nuovi spazi anche non tradizionali vista la ricchezza di siti regionali per progetti, residenze, laboratori teatrali e multidisciplinari con un bando Por FESR apposito, in collaborazione tra Regione, Agis, Comuni,  operatori e gruppi, con la partecipazione dei Dipartimenti dello spettacolo delle Università campane dove si aprano nuovi posti di lavoro e dove si crei, si impari, si insegni, si pratichi il teatro e altre discipline dello spettacolo. Una sorta di grande progetto regionale come quello dell’Eti del 2001 dedicato alle “aree disagiate” della regione che consideri il teatro e le attività connesse come un forte elemento di sviluppo economico e di lavoro culturale per i giovani ma che soprattutto alimenti e faccia crescere quelle energie diffuse, oggi silenziose, appartate, nascoste. Il teatro "lontano dal Vesuvio" c'è, basta soltanto dargli voce.