Il sogno del bambino di Paestum. Sergio Vecchio al Museo Archeologico

vecchio okDalla casa di Sergio Vecchio al Museo di Paestum sono poco più che cento passi. Bisogna passare però per la vecchia stazione, dove negli anni ’50 un bambino andava a comprare le sigarette a suo padre. Qui arrivavano, strani per l’epoca, due distinti forestieri, in giacca di pelle e stivali,  che venivano lì per gli scavi. “Il passato passa, l’arcaico no, ci dice Aldo Masullo, venuto a Paestum a presentare, sulle scale del Museo Archeologico “Una sconfinata solitudine, la mostra di Sergio Vecchio,  con la soprintendente Adele Campanelli, Marina Cipriani, direttrice del Museo,  Raffaella Di Leo, presidente di Italia Nostra di Salerno, e Angela Pace, commissario dell’Ept. Un evento da non perdere, non solo per l’illustre presenza di Masullo ma soprattutto perché vede “finalmente” Sergio Vecchio entrare nel “suo” museo. Finalmente perché il Museo archeologico dove ha sede la storia antica della città della magna Grecia e  la magnifica tomba del Tuffatore, è un luogo di elezione dell’artista pestano che da quella vicenda ha tratto la sua ispirazione e la linfa vitale della sua opera. Varcata la grande soglia del piano terra del Museo, dove si trovano le metope scolpite rinvenute nel Santuario di Hera alla foce del Sele, così come le avevano predisposte i primi scopritori nel ‘37 , Paola Zancani Montuoro e Umberto Zanotti Bianco, nella seconda sala sono state allestite le opere di Vecchio, le sue tele raffiguranti l’intero repertorio zoomorfo di uccelli, bufale, cavalli, cani, pesci con l’elemento innovativo dei gatti; quindi le “carte” di Acireale in un formato speciale di 100 per 120, manufatte proprio da Vecchio in Sicilia e su cui sono dipinte altre opere; e gli elmi, le raffigurazioni che ricordano il mito, il segno del tempo e dei templi. “Diciamo che la mostra, ci racconta Vecchio, è il riassunto di questo mio rapporto con Paestum negli ultimi dieci anni”. Un rapporto che nasce da lontano quando da bambino il futuro pittore alla stazione vede per la prima volta quella strana coppia, la Zancani Montuoro e Zanotti Bianco, lì per le loro prime ricerche archeologiche: “Il Museo l’ho visto nascere, dice Vecchio, fin dalla sua inaugurazione da parte di Segni, allora Ministro della Pubblica Istruzione. Ero totalmente attratto dall’anticonformismo dei due archeologi in un luogo dove gli argomenti erano il raccolto dei carciofi e la vendita delle mozzarelle. Li incontravo ogni volta che arrivavano con il treno, e nacque quasi un’amicizia, solo che io da grande non volevo fare l’archeologo ma il pittore”. “Il sogno di entrare nel Museo, continua Vecchio, è diventato possibile quando Mario Napoli, dopo la scoperta della Tomba del Tuffatore, commissionò a Carlo Alfano, mio maestro, un’opera che è ancora oggi nel giardino su cui dà  la sala della Tomba. Una esperienza allora considerata scandalosa e mi convinse invece che arte antica e moderna potessero convivere”. Così,  grazie anche ad Italia nostra, fondata proprio da Zanotti Bianco, il sogno del bambino di Paestum, dopo sessanta anni, è diventato realtà. La mostra resta aperta fino al 22 giugno. Avrà poi un seguito proprio in Grecia, a Nafplio dove l’artista è stato invitato dal Comune del piccolo centro a pochi chilometri da Atene.

Nella foto un'opera di Sergio Vecchio