Il sistema e gli uomini cerniera

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Sabato 4 agosto “La Città” ha titolato in prima pagina «Il “sistema” Provincia nel mirino», riferendo che la magistratura sta cercando prove per smascherare, attraverso l’inchiesta “Due torri”, un intreccio tra politici, funzionari pubblici, imprenditori e liberi professionisti che assume la dimensione del sistema criminale. Ma cosa significa? Per spiegare utilizzerò la definizione del giudice Roberto Scarpinato: «Si tratta di un sistema integrato di soggetti individuali e collettivi. Una sorta di tavolo dove siedono figure diverse, non tutte necessariamente dotate di specifica professionalità criminale: il politico, l’alto dirigente pubblico, l’imprenditore, il finanziere, il faccendiere, l’esponente delle istituzioni, il portavoce delle mafie. Ciascuno di questi soggetti è referente di reti di relazioni esterne al network ma messe a disposizione dello stesso. Il sistema è modulare nel senso che, a secondo della natura degli affari e delle necessità operative, integra nuovi soggetti o ne accantona altri. I diversi tavoli di lavoro pianificano la divisione dei centri di spesa, della spartizione delle opere e dei fondi pubblici. A volte i vari sistemi criminali operanti nel territorio diventano intercomunicanti tramite uomini cerniera».

Cerchiamo di calare la definizione sulla realtà salernitana. In primo luogo dal punto di vista organizzativo le personalità coinvolte sembrano configurare proprio un processo di integrazione tra «soggetti individuali e collettivi» appartenenti della sferra politica, economica, amministrativa e criminale della provincia. Sicuramente ognuno di questi attori porta con sé un patrimonio di relazioni trasversali in grado di aggregare un network di interessi diffusi soddisfacente le esigenze di ognuno dei protagonisti: sfruttamento delle risorse pubbliche, gestione dell’ente locale in maniera privatistica, possibilità di arricchimento patrimoniale, distribuzione di incarichi professionali, smistamento di opportunità di lavoro e, conseguentemente, aumento del consenso elettorale e incruento controllo del territorio (invece di sparare si distribuiscono mazzette). L’organizzazione modulare ha consentito, nel corso degli anni di sostituire, a seconda delle stagioni politiche, alcuni esponenti del “sistema” mantenendo fissi gli obiettivi da perseguire. Questo ci porterebbe a pensare che esisterebbe una pianificazione degli interessi capace di valicare le coalizioni partitiche. E come sarebbe possibile che uomini di schieramenti avversi si ritrovino implicati in un unico sistema criminale? Bhè, come ha scritto Scarpinato, ciò sarebbe possibile grazie ai cosiddetti «uomini cerniera». Soggetti che navigano nell’ombra, rappresentanti di una minoranza che gode di specifiche forme di potere (sociale, politico, economico, giuridico, civile e persino militare). Una minoranza che ha ben chiari gli obiettivi da perseguire - e non si tratta della difesa dei beni comuni (roba da idealisti) - al punto da progettare e far funzionare un macchina collettiva in grado di disinnescare e aggirare le prerogative statali, giacché alcuni componenti di questa minoranza possono condizionare diversi esponenti delle istituzioni. Tutto questo non ha niente a che vedere con la vulgata popolare della camorra. Nell’era dell’economia finanziaria la violenza dei clan è un accessorio utile ma ingombrante. È meglio ricordare che la definizione legale del reato di associazione mafiosa si caratterizza per il suo particolare finalismo che non consiste nella semplice violenza organizzata, ma nella conquista illegale di spazi di potere, in particolare economico e politico. Il problema vero sono i “colletti bianchi” (gli uomini cerniera) che stanno costruendo, con una rete di complicità diffuse, uno scenario criminale post mafioso. Ha ragione il presidente Cirielli la questione delle tessere del Pdl è «aria fritta».