Il "ritratto" social-realista del Crescent

Crescent

Andrej Aleksandrovič Ždanov nel 1934 affermò che bisogna “conoscere la vita del popolo per poterla rappresentare verosimilmente nelle opere d’arte, rappresentarla niente affatto in modo scolastico, morto, non semplicemente come la ‘realtà oggettiva’, ma rappresentare la realtà nel suo sviluppo rivoluzionario. E qui la verità e il carattere storico concreto della rappresentazione artistica devono unirsi al compito di trasformazione ideologica e di educazione dei lavoratori nello spirito del socialismo”. Senza questa concettualizzazione il realismo socialista non sarebbe mai diventato uno dei pilastri del materialismo dialettico, secondo il quale: “La storia mostra che ogni sistema di idee - sia esso religioso, filosofico, giuridico o politico - per quanto fosse rivoluzionario al momento in cui nacque ed intraprese la sua lotta per la supremazia, prima o poi diventa un impedimento e un ostacolo allo sviluppo ulteriore, diventa cioè una forza socialmente reazionaria. Ha potuto sfuggire a questa fatale degenerazione soltanto… il marxismo”. L’Arte, dunque, non può far altro che assecondare questa elevazione combattendo contro le eredità della cultura borghese quale forma di supremazia dell’individuo. Per questo nelle arti figurative sovietiche il singolo non doveva ergersi sulla massa; al contrario, i personaggi pieni di ego erano dei perdenti, spinti verso epiloghi drammatici dall'ipertrofia della propria soggettività; al massimo potevano redimersi dall’errore ritornando a una dimensione collettiva della vita.

Inoltre, le opere rappresentavano, attraverso le conquiste del socialismo, la disfatta dei reazionari, ottusi nostalgici del sistema politico precedente, incapaci di identificarsi nel processo rivoluzionario in continua evoluzione. Ma l’aspetto più importante consisteva nel saper comunicare il messaggio social-realista in maniera che le masse fossero in grado di interpretarlo facilmente, pertanto si affermarono quadri di grande formato, dal disegno netto e preciso, poiché l'impressionismo fu dichiarato borghese e pertanto controrivoluzionario. Ora vi starete domandando: perché si è lanciato in una banale descrizione del pensiero zdanoviano? Sono stato ispirato dalla pittrice, vincitrice di “numerosi premi per il suo realismo” (così riporta testualmente una rivista online) che ha “ritratto” il Crescent nella sua imponenza. Dunque il primo aspetto coincidente, riferendomi ai canoni estetici appena descritti, è il realismo; il secondo è la grande dimensione dell’opera (180x200 cm); il terzo è il disegno netto e preciso in cui prevale il linearismo; il quarto è il messaggio facilmente comprensibile alle masse. E qual è il messaggio? “Ho voluto unire la Salerno antica con quella moderna. Ho dipinto il Crescent con le vetrate, nelle quali si riflette il mare, e anche un mappamondo a indicare che quella che sarà chiamata “Piazza della Libertà”, sarà anche il simbolo della libertà del mondo”. Ora, a parte il fatto che, esattamente come l’opera reale (altrimenti che realismo è?), la cosiddetta Salerno antica è oscurata dalla muraglia grigia e nera la cui forma assomiglia più ad una punta di freccia che a un arco, va dato atto all’artista di aver realizzato un quadro per il quale Ždanov avrebbe esultato. Infatti, non solo si esalta un valore impersonale costitutivo del socialismo, quale la libertà, ma si evidenzia con forza espressiva l’intento rivoluzionario del regime che ha impresso un nuovo volta alla città. La maestosità dell’edificio, inoltre, oltre a richiamare la vastità del mare, è una chiara metafora che esalta la grandezza dell’artefice. Infine, non c’è nessuna indulgenza all’individualismo borghese: l’elemento umano è invisibilmente rappresentato dalla forza lavoro che ha costruito un’opera immane e immanente, a cui è legato il destino collettivo della città. L’unica pecca è che ad essere sinceramente realisti si sarebbe dovuto dipingere un cantiere chiuso con una bella crepa al centro della piazza. Ma è un’artista e, si sa, la creatività a volte prende il sopravvento. In conclusione, credo che la vena della pittrice vada incoraggiata perché la pittura social-realista salernitana ha ancora tanto da dare: il profilo della cittadella giudiziaria con annesso faro della giustizia, la stazione marittima, l’ultimo lotto del trincerone, la metropolitana, le lottizzazioni di via Salvador Allende e pure il palazzetto dello sport e il Sea park. Anche se questi ultimi due nessuno li ha mai visti ci sono, anzi presto un bel quadro li immortalerà; e chi dice il contrario è uno sporco reazionario.