Il rapporto sulla scoperta dell'acqua

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Ho letto il resoconto del ventiduesimo rapporto sull’ecosistema urbano realizzato da Legambiente insieme a “Il Sole 24 ore”. Entrambi i soggetti in questione hanno fatto della “rapportistica” una specie di mercato esclusivo attraverso il quale accreditarsi come suggeritori di politiche pubbliche tese a migliorare la vivibilità. Il rapporto sulle Università, il rapporto sulle coste, il rapporto sul riciclaggio dei rifiuti e quello sulle acque, il rapporto sulla sicurezza urbana e sulla qualità della vita, il rapporto sulla Pubblica amministrazione e sulle vacche sacre (si scherza). Al di là delle facezie mi domando a cosa servano tutti questi rapporti se poi nulla cambia nelle pratiche di governo del territorio? Se continuano a “slavinare” intere montagne? Se basta una pioggia torrenziale per trasformare l’Italia in una grande Venezia? Se si condonano migliaia di vani anche in zone pericolose? Se si preferisce investire in strutture architettoniche mastodontiche, invece che in infrastrutture immateriali? Ogni anno scopriamo che qualcuno ha scalato la classifica e qualcun altro è andato indietro. Si sprecano le metafore calcistiche e ciclistiche: la prima in classifica, la maglia rosa, il fanalino di coda, la maglia nera, la retrocessione; una competizione tra città che in concreto non serve a nulla al fine della formazione del consenso elettorale e nell’orientamento programmatico delle amministrazioni comunali. È solo un po’ marketing territoriale che attira l’attenzione dei media per 48 ore per poi svanire nel nulla insieme ai rapporti precedenti.

Non mi è mai capitato di sentire un sindaco dichiarare: “Visto che quest’anno il rapporto sull’ecosistema urbano ha riscontrato una abbassamento delle nostre performance nella gestione idrica, provvederemo a realizzare un investimento straordinario per risanare il sistema di distribuzione”. Non ho scelto il tema dell’acqua a caso. Intorno al prezioso liquido, nel corso degli anni, sono state messe in campo decine di soluzioni amministrative: società miste, consorzi, aziende speciali nelle quali hanno proliferato presidenti, consiglieri, consulenti, manager, assunzioni clientelari senza concorsi di tecnici e operai; ciononostante la dispersione dell’acqua, secondo il suddetto rapporto, è aumentata. Ma non lo sapevamo già da anni che la rete è un colabrodo? Basta notare gli effluvi spontanei, che di tanto emergono dal manto stradale crepando il già consumato asfalto, per avere la dimensione esatta del problema. Se poi pensiamo che chi ha avuto ruoli apicali non capisce un “tubo” (è proprio il caso di dirlo) di sistemi idrici, ma agiva e agisce unicamente per mandato politico con lo scopo di costruire scatole cinesi poco trasparenti – con bollette stratosferiche – emerge prepotentemente l’inutilità del rapporto, perché lì dentro di tutto questo non si parla. In verità, la questione dei sotto-servizi è una partita persa in partenza: non essendo visibili e con alti costi di manutenzione nessun sindaco si lancia nella ristrutturazione di questi strani oggetti interrati. Del resto, per comprendere quanto sia irrazionale la gestione della vicenda, è sufficiente dare un’occhiata alla disposizione dei tombini: ogni azienda buca dove gli pare e scava per chilometri chiudendo i cunicoli con pezze d’asfalto disconnesse. Cosicché gli spostamenti dentro la città diventano un “entusiasmante” rally urbano (forse per questo è aumentata la vendita dei Suv). Eppure tutti dovremmo essere coscienti che l’efficienza di una città competitiva passa attraverso il pieno funzionamento delle reti idriche, elettriche, telefoniche, del gas e – ad avercela – della fibra ottica. Qui l’unica cosa smart è l’auto. Sempre dall’illuminante rapporto apprendiamo che Salerno retrocede anche a causa del trasporto pubblico. Ma va? Non ce n’eravamo accorti. Come ci sono arrivati questi sagaci indagatori? Si saranno appostati alle fermate del Cstp ed avranno ascoltato le bestemmie di pensionati e studenti che aspettavano per ore un “bus chiamato desiderio”. Mentre gli utenti imprecavano, hanno scoperto che il consorzio versa in gravi condizioni di salute? Certo, il trasporto su gomma non è tra i migliori, ma noi abbiamo la metropolitana più ricca d’Europa: ogni chilometro percorso costa alla Regione 28, 57 euro a fronte di un biglietto di 1,30 euro. Salernitani non disperate tanto con il prossimo rapporto torneremo in vetta, pronti a veder sorgere una nuova alba.