Il partito della nazione e gli impresentabili

Trasmissione televisiva In mezz'ora

Rosaria Capacchione ha asserito di non poter votare il candidato governatore del centro-sinistra perché, nelle liste della provincia di Caserta, ci sono uomini indagati per camorra; lo stesso ha detto in un’intervista Saviano, evocando Gomorra, ripreso a sua volta da Michele Serra su “La Repubblica”. Poi è intervenuto il filosofo Aldo Masullo ritirando la sua storica simpatia per l’emerito. Piovono tweet contro il vincitore delle primarie e persino il “mentitore” Oscar Giannino sente l’esigenza di esternare. Infine ci si mette quel simpaticone di Adolfo Tilgher, pardon volevo dire Adriano, che vuole sperimentare con il mussoliniano democratico (l’Italia è il paese degli ossimori) una nuova stagione di orgoglio nazionale. Il nostro, messo alle strette dal fuoco mediatico, urla alla truppa “Non votate gli impresentabili!”, dichiarando di non aver costruito lui le liste. Questa affermazione può significare due cose: o è in malafede o è un pessimo leader a cui è sfuggito il controllo degli alleati. Se fosse così ci troveremmo di fronte a un Presidente sospeso e ostaggio della sua stessa maggioranza. Siccome lo ritengo capace di diaboliche macchinazioni credo sia accaduto qualcosa d’insondabile. Potrebbe aver affidato la gestione delle liste apparentate a giovani inesperti e spregiudicati il cui unico obiettivo, al di là degli schieramenti, è solo quello di vincere per godere della luce riflessa del potere. Il vero problema è che l’intera congerie di editoriali, articoli, post e tweet smuovo assai poco il ventre flaccido della Campania, appesantito da anni di clientele affaristico-mafiose. Questo è il motivo che ha spinto il Partito democratico a far eleggere, da un lato, la Capacchione, quale simbolo della lotta alla camorra, dall’altro a sostenere una coalizione con candidati in odore criminale. Se il Pd è il partito della Nazione deve rappresentare l’Italia intera nella sua complessità; in parole povere: essendo questo il Paese delle mafie e dell’antimafia è del tutto normale dare voce ai due mondi contrapposti provando a realizzare una “felice” sintesi politica.

La Democrazia cristiana non faceva la stessa cosa? Era il partito di Salvo Lima e di Piersanti Mattarella, ma anche di Francesco Patriarca e di Marcello Torre. Tutto torna. A proposito di tornare un anziano sindaco della provincia di Avellino si è messo in testa di riorganizzare la Dc affidandone la leadership all’emerito. L’accenno alla Balena bianca, in realtà, serve a coagulare, intorno alla coalizione, l’immarcescibile blocco sociale abituato a mungere lo Stato come una vacca da latte. Eccola qui la nuova stagione delle larghe intese campane: Salerno ed Avellino alleate nell’assalto al forziere di Santa Lucia. Il canuto di Nusco, accecato dall’odio senile contro un suo ex uomo, ha trovato disponibile “l’eterno” salernitano che, a sua volta, non vede l’ora di calare come Attila sulla metropoli. Due complessi di inferiorità uniti dalla presunzione di superiorità. Il candidato governatore del Pd ha rimesso insieme l’alleanza che ha guidato la Regione nel decennio 2000-2010 imbarcando, in aggiunta, alcuni fascisti e qualche ambiguo in cerca di un capo capace di trasformare l’ente regionale in un bancomat senza limiti di credito. All’appello manca, però, la sinistra radicale che, nonostante il coraggio, sembra la casa di riposo di vecchie glorie calcistiche. In questa disputa avrebbero potuto inserirsi i cinque stelle, ma quello stano meccanismo che li porta a diffidare della politica, pur essendone parte attiva, li ha condotti in un vicolo cieco senza prospettive. Che senso ha proporre una signora sconosciuta alla carica di Presidente? Non sarebbe stato meglio candidare Luigi Di Maio che ha il carisma del leader e che, in quanto tale, avrebbe potuto rivaleggiare alla pari con gli altri competitori, anche in funzione del suo mandato parlamentare? L’eccesso di originalità rischia di trasformarsi in ingenuità. È giusto rispettare le regole del Movimento ma in politica, prima ancora degli statuti, vale la capacità di analizzare e agire dentro la fase storica che si sta vivendo. Una lacuna che impedirà ai pentastellati di sfruttare a loro vantaggio l’indignazione e la rabbia, scatenata dal ritorno di fiamma partitocratico, che, ancora una volta, seguirà la via dell’astensione.