Il paradosso dell'elezione diretta del sindaco

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Perché affiggere un primo manifesto sull'abdicazione di Benedetto XVI e un secondo sulla proclamazione di Francesco? Di solito i messaggi di commiato al Papa provengono da capi di Stato o da guide spirituali di un’altra religione. Se ne deduce che non abbiamo più un sindaco ma un ayatollah che assomma in sé il controllo politico e religioso della comunità salernitana. L’elezione diretta del sindaco in questa città ha prodotto un mostruoso paradosso. La legge era nata per dare stabilità al governo locale e evitare la creazione di catene clientelari e monadi di potere saldate alla figura di sindaci “irremovibili”. Se ci pensate Salerno è l’unica città in cui la normativa è stata stravolta. A Torino, Milano, Firenze, Bologna, Roma, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Palermo, Catania, solo per ricordare i casi più conosciuti, c’è stata una vera alternanza. Anche quando il colore politico delle maggioranze non è mutato, il sindaco e la giunta hanno rappresentato una novità rispetto alla gestione precedente.

Fassino non è Chiamparino, così come Veltroni non era omologabile a Rutelli. Guardiamo a Napoli. Nel capoluogo campano, nel bene e nel male, si è prodotta una discontinuità amministrativa all'interno dello stesso centrosinistra. In altre situazioni (Milano, Bologna, Palermo, Bari, Roma) si è avuta una successione di governo tra le due principali coalizioni. Poi c’è il caso limite di Parma dove centrodestra e centrosinistra sono stati sconfitti dal Movimento a 5 stelle. Qui nulla cambia. I protagonisti del dominio locale sono sempre gli stessi, in qualche caso sono stati sostituiti dai figli. Persino nel quinquennio 2001-2006, quando il sindaco era De Biase, il quadro è rimasto immutato con un’indecente esperienza di amministrazione eterodiretta. Il collante di questa incrostazione ventennale è un mix di qualunquismo civico ed affarismo rampante che ha annullato differenze politiche e tare ideologiche. È vero, l’opposizione è stata relegata in un angolo a causa di una scientifica occupazione del potere. Un potere pervasivo che si è infiltrato nei gangli dell’economia anestetizzando la società civile. Però è altrettanto vero che quella stessa opposizione non ha concorso alla formazione di un’opinione pubblica indipendente capace di immaginare e perseguire un progetto alternativo di città realmente europea. Quanti di quelli che si lamentano della svendita di interi pezzi di città hanno votato per anni questa amministrazione? Quanti hanno sorriso alle battute volgari dell’ayatollah senza riflettere che nel lungo periodo l’idea di una mastodontica “nuova Salerno” ci avrebbe condotti sull'orlo del baratro? Questa è una città di cicale spaventate dall’arrivo dell’inverno. Tuttavia non c’è da preoccuparsi, nel giro di settanta, ottanta anni piazza della Libertà sarà annoverata tra i monumenti dell’idiozia nazionale.