Il papocchio delle primarie

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Qualcuno lo ha definito caos, qualcun altro confusione, ma si tratta, a mio avviso, con decenza parlando, di un vero e proprio casino. Non me ne vogliano gli elettori e i militanti del Pd ma queste primarie erano già una farsa in partenza e sono riuscite a diventare una pagliacciata senza senso. Se avessi la tessera del Partito democratico la restituirei in maniera indignata al solo pensiero che personaggi del centrodestra possano influire sugli esiti del voto partecipando alla scelta del candidato della coalizione avversaria. Non solo. Mi verrebbe l’orticaria sapendo che simpatizzanti di Forza Italia, dell’Udc e del Ndc possano entrare nelle sezioni del mio partito esprimendo indicazioni di voto per questo o quel candidato alle primarie. Non è un mistero: alcuni politici del centrodestra, in tempi non sospetti, hanno già ipotizzato un esplicito sostegno, ad uno dei possibili candidati democratici, con liste civiche regionali in cui far confluire settori della destra critici verso Caldoro. Ora, se non ricordo male, uno dei principali dissidenti è un tal Nicola Cosentino che, per quanto sia fuori gioco, pare sia interessato alla “riuscita” delle primarie democratiche. Quale sarà il candidato sostenuto da Cosentino non è dato saperlo. In ogni caso è già grave, dopo i fatti accaduti, che il suo nome sia di nuovo tornato a galla in una competizione elettorale. Ma questa è la regione degli immortali, come dimostra ampiamente la longevità politica del sindaco di Nusco.

Poi c’è la questione degli amici di Fitto che, per dare un segnale al cavaliere, potrebbero decidere di scendere in campo per far vincere l’uomo giusto con cui contrattare durante la campagna elettorale ufficiale. Ambigui sono, come da tradizione, i dirigenti di Area Popolare (Udc + Ndc) che, a seconda di chi parla, rilasciano un giorno dichiarazioni favorevoli a Caldoro, un altro di apertura ai candidati del Pd. Non v’è dubbio che, in una stagione di grande mobilità dei flussi elettorali, il centrosinistra per vincere debba conquistare i voti in libera uscita del centrodestra in via di dissoluzione (paradossalmente l’unico reale puntello ancora esistente è proprio il governatore in carica). Ma una simile strategia si attua durante la campagna elettorale non nelle primarie che servirebbero a compattare militanti e iscritti per galvanizzarli con la scelta del candidato unitario. Se, al contrario, si stringono accordi in funzione delle primarie con esponenti del centrodestra vuol dire che si è in malafede poiché si vuole falsare la competizione con l’ausilio di forze estranee al corpo del partito. A che serve essere iscritti al Pd se l’indicazione di voto rischia di essere annacquata dall’intervento diretto degli avversari con l’intento di influire sulla scelta del candidato del centrosinistra? Qual è lo scopo? Chi ci assicura che dietro questa manfrina non si nascondano interessi economici obliqui? Ricordate la vicenda dei rifiuti? La responsabilità di governo era del centrosinistra ma gli affari li facevano quelli del centrodestra. Forse per questo Paolucci, che conosce bene quella stagione, ha tolto il disturbo. Il Pd campano, purtroppo, non è un partito credibile. Invece di innovare il sistema politico regionale vuole inglobare le forze in campo mescolando sinistra, destra e centro in una miscela esplosiva che rischia di rendere ostaggio il futuro presidente sin dalle primarie. Ciò che sta accadendo la dice lunga sull’assenza di identità del Partito democratico. Questo vulnus lo rende eticamente labile e malleabile al volere dei potentati economici trasversali che non vogliono perdere il controllo di Palazzo S. Lucia. Non dimentichiamo che è in ballo il Por 2013-2020. Ai militanti del Pd campano suggerisco di trascorrere una bella domenica in famiglia per non rendersi complici di un papocchio politico. L’unico vero voto è quello di maggio ed è quella l’occasione per far sentire la nostra voce.