Il muppet show della “Nuova Salerno”

tumitubi

Sul loro canale Youtube scrivono: “Realizziamo cose che fanno ridere, sorridere e pensare. Cerchiamo sempre un punto di vista diverso, originale. Confrontiamoci e ragioniamo insieme”. Così si presenta l’agenzia di comunicazione “tumitubi.it”. Il primo video, “Ma non l’amore qualunque”, è uno spot contro la violenza domestica interpretato da due brave e impegnate attrici salernitane, Anna Nisivoccia e Antonella Valitutti, che rendono verosimile una condizione plausibile. Nonostante ciò i video che stanno ottenendo maggior successo sono quelli che fanno il verso al sindaco di Salerno trasformato in un muppet vagamente somigliante a Kermit la rana, se non fosse per la capigliatura canuta e riccia e per quel naso a patata piantato in mezzo al volto come un bubbone. Il pupazzo si rivolge ai suoi concittadini (che si presuppone siano altrettanti pupazzi) spiegando le sue idee bislacche (i topi di pezza avvelenati, la raccolta differenziata per colore, le cozze con la “S” e il ri-Crescent) alle quali attribuisce un valore “straoooordinaaarioooo”. Il riferimento della parodia è sicuramente la trasmissione settimanale che il primo cittadino realizza con una tv locale da quasi vent’anni.

È in questo contenitore polemico/programmatico che si è formata la retorica deluchiana condita di epiteti, sfottò, rimproveri, minacce, consigli e contumelie varie. Un linguaggio volgare e privo di riferimenti culturali che si è adeguato alle esigenze comunicative della seconda Repubblica: la televisione come strumento di competizione politico/elettorale con l’obiettivo di raggiungere anche le fasce di utenti meno attrezzati dal punto di vista del comprendonio, trasformando il politichese in dialogo diretto con i telespettatori grazie all’uso di una terminologia anodina. Con il passare degli anni la trasmissione è diventata un must: persino i quotidiani hanno come punto di riferimento, per commentare la politica locale, la striscia settimanale del sindaco. Il primo a realizzare la caricatura del mayor fu, alla fine degli anni Novanta, l’attore Ciro Girardi nella trasmissione “Calcio nelle palle”. Il personaggio era un decisionista senza scrupoli e indossava sul petto la stella dello sceriffo. Erano gli anni in cui il primo cittadino si faceva conoscere in Italia per le sue scelte securitarie: colluttazioni con venditori di fazzoletti, intimidazioni agli avversari politici, repressione della prostituzione, atteggiamenti da bullo di quartiere. In definitiva la trasposizione terrona del cafonissimo “celodurismo” leghista. Il tormentone del caratterista era “Ci dovete credere”, un motto scandito tra un’inaugurazione e l’altra (era l’epoca di Vicienzo ‘a funtana). Da quel momento si sviluppò la moda, tra giovani e anziani, dell’imitazione del primo cittadino. Ognuno aveva un suo modo: chi evidenziava il respiro profondo con risucchio, chi storceva la bocca con intonazione profonda, chi ripeteva il mantra degli slogan della “Nuova Salerno”. Il primo cittadino, nella lunga permanenza sullo scranno più alto del Salone dei marmi, è passato dall’era della Tv a quella di internet che, con l’esplosione dei social network, ha innovato gli stilemi caricaturali coincidenti con il sostanziale cambio di direzione sulle scelte urbanistiche: l’avvio del progetto Crescent avviene nello stesso periodo in cui prende piede Facebook che stravolge gli assetti dell’editoria broadcast; non c’è più bisogno di un editore per raggiungere un pubblico eterogeno, basta un post, il caricamento di una foto o di un video (da un qualsiasi smart-phone) e la creazione di un gruppo di discussione per massificare la satira del potere. È grazie al clamore suscitato dalla rete se le performance del sindaco hanno richiamato l’attenzione dei media nazionali. Ma se il web ha determinato la rottura del soliloquio allo stesso tempo lo ha reso degno di nota mutandolo in un prodotto seriale: fa sorridere per i modi inurbani spettacolari confermando l’autorevolezza del messaggio (come si evince da “Veni, vidi, Vincenzo” di Striscia la notizia). Del resto anche i Figli delle Chiancarelle si chiamano così a seguito di un rimbrotto deluchiano e hanno scelto la logica del “duro e puro”, come azione uguale e contraria allo stile di governo cittadino, dimenticando, tuttavia, che il modello Salerno, oltre alle colate di cemento, è caratterizzato anche dal blocco sociale suggestionato dalla comunicazione personalistica grazie alla quale sindaco e capoluogo sembrano essere la stessa cosa. Mi permetto di suggerire che forse è giunto il momento di ignorare il potente e pensare alla città, alle sue sofferenze e alle sue reali potenzialità, anche con un nuovo stile di sobria, ma efficace, comunicazione politica.