Il momento del confronto pubblico

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Nuccio Siano è un attore e regista teatrale salernitano. Leggendo il suo curriculum non mi pare di poterlo definire un pericoloso rivoluzionario. Mi ha colpito il suo invito, rivolto ai giovani, ad abbandonare la città “per realizzare il loro talento e la loro felicità”. Su questo punto è stato chiaro: Salerno è “segnata da un sentimento di insicurezza e di paura che deriva dalla mancanza di felicità personale”. Un monito per il tutore della Hippocratica civitas che degnamente ne incarna l’animo. Da dove scaturisce questa tristezza civica? Con ogni probabilità, come afferma Siano, dall'assenza di un progetto culturale mortificato da una forma di autarchia civica che ha prodotto un pensiero autoreferenziale e ha confinato la comunità locale in un luogo chiuso. “Stiamo tutti a contemplarci l’ombelico e le montagne che circondano Salerno non sono solo una barriera orografica”. Viviamo, dunque, “in uno stato di ipnosi, di finto benessere, tutto sommato rassicurante”.

Rassicurante per chi? Certo non per i cittadini rimasti senza servizi pubblici, non per i nuovi poveri (pensionati, precari e piccolo borghesi), non per i commercianti in attesa spasmodica di qualche cliente, non per i giovani disoccupati, travolti dalla marginalità sociale, e nemmeno per la cosiddetta classe media, privata del suo potere d’acquisto. Se a tutto questo aggiungiamo l’egoismo degli intellettuali, i quali “quando ci sono o si fanno gli affari loro o sono asserviti al potere”, il quadro è completo. Gli intellettuali autoctoni, a dirla tutta, si perdono in riflessioni astratte, come se Salerno fosse un falansterio in cui sperimentare teorie sociali rivoluzionarie, che manifestano l’inadeguatezza pratica di dare risposte alle esigenze del vissuto quotidiano. Direbbe il nostro beneamato che questo non è più il tempo della poesia, c’è bisogno della prosa dei fatti. Eppure ancora vanno in giro corifei che ammantano gli affari del potere locale con elucubrazioni antropologiche suggestive ma prive di collegamento con il sentire comune di chi vive la cruda realtà. Cari concittadini diffidate di chi difende l’esistente o di quanti giustificano, senza avere dubbio alcuno, manovre poche chiare pur di arrestare la formazione di un’opinione autonoma. “C’è bisogno di forze nuove”. Mettiamo in soffitta tutta la prosopopea barbosa e pedante dei soliti noti, esponenti di una borghesia novecentesca parassita e classista (anche quando si dichiara progressista). Andiamo alla ricerca di intellettuali militanti capaci di dar voce agli interessi collettivi reali, desiderosi di mettersi in movimento, ansiosi di opporsi allo status quo, determinati a reclamare il cambiamento. Non sarà arrivato, forse, il momento di avviare (dopo vent'anni di mutismo), con persone come Siano, un confronto pubblico per ragionare liberamente di e su Salerno?