Il momento del confronto

Una veduta di Salerno foto Massimo Pica 347-6716098

In dieci giorni il sindaco ha accumulato una sospensione sospesa e una decadenza effettiva. I consiglieri comunali sono in fibrillazione e i possibili candidati al Consiglio regionale trattengono il fiato. A Roma vogliono far saltare le primarie andando alla ricerca di nomi unitari o quantomeno digeribili dal magmatico e rissoso Pd campano. Il sindaco, da par suo, si difende come un leone e venderà cara la pelle anche di fronte ad una probabile ritarata strategica. Gli opportunisti che lo hanno sostenuto, sentendo scricchiolare lo scranno, cominciano a fare distinguo e professione di autonomia intellettuale, mentendo a se stessi. Si susseguono i commenti sul declino e la fine del ciclo, ma tutti sappiamo che non sarà un passaggio indolore. Dietro le spalle del primo cittadino c’è un vuoto di leadership paragonabile soltanto al baratro finanziario apertosi sotto le fondamenta del municipio. Siamo tutti più indebitati di vent’anni fa, con una pressione fiscale che non ha eguali in Italia. Analisti, politologi, esperti si affannano a raccontare le pieghe più nascoste del potere locale ma nessuno ha il coraggio di chiamare le cose per quelle che sono: fallimento. Persino gli opinionisti più ostici, dopo essersi accaniti contro il carattere del personaggio e le bizze dispotiche, sono pronti a concedere l’onore delle armi dinanzi all’amministratore efficiente. Quando diminuiscono i servizi e aumentano le tasse, quando la trasformazione urbana è affidata ad avventurieri e bellimbusti, quando il marketing viene prima delle politiche sociali non v’è dubbio che il tanto declamato modello di sviluppo europeo faccia acqua da tutte le parti. Un modello che somiglia in maniera impressionante a quello spagnolo: una trasformazione urbanistica rapida e sproporzionata a cui è seguita una caduta altrettanto colossale.

Un sindaco il cui comune è stato condannato a risarcimenti onerosi dalla Corte dei Conti per atti illegittimi è un amministratore accorto o uno sperperatore delle risorse pubbliche? Se le grandi opere declamate e programmate si fermano a causa di problemi tecnici e inadeguatezza delle imprese si può attribuire al sindaco in questione la qualifica di amministratore competente o siamo di fronte ad una sfacciata incuranza della cosa pubblica? Quando si svende l’unica società municipalizzata, con uno storico radicamento socioeconomico nel settore agroalimentare, per mitigare l’esposizione finanziaria dell’ente, difendendo, al contrario, società miste sovra indebitate, possiamo parlare di efficacia amministrativa o è solo una furbata per procrastinare il collasso delle casse comunali? Credo sia giunto il momento di aprire su questo giornale un dibattito sulle luci e le ombre di una stagione politica, connotata da un assoluto personalismo, che ha dato vita ad una maggioranza elettorale in grado di fagocitare interi settori economici della città capoluogo e, di riflesso, della provincia. Quali sono stati i blocchi sociali formatisi nel corso di questi vent’anni? Fino a che punto si è innovato? Come si colloca questa esperienza nella storia repubblicana della città? Quali caratteristiche strutturali sono rintracciabili nelle diverse fasi del governo civico? Insomma sono più forti i segnali di discontinuità o quelli della continuità di lungo periodo? La cosiddetta trasformazione urbanistica sembra aver definitivamente cambiato il volto della città, ma cosa si nasconde dietro la fisicità di questo corpo? Rispondere a queste domande non è facile e significa mettere in discussione certezze acquisite. Eppure continua a balenarmi un interrogativo: e se le certezze acquisite fossero solo proiezioni immaginifiche o miraggi inconsistenti? È come se all’improvviso ci accorgessimo di essere nel bel mezzo del deserto con la bocca piena di sabbia credendo di aver bevuto un bicchiere d’acqua cristallina. Rispondere a queste domande, quindi, è necessario per esaminare la natura del potere locale in una città che ha eletto a metodo di governo la mortificazione del confronto tra pensieri diversi. Affrontare un dibattito articolato su Salerno negli anni della seconda Repubblica potrà aiutarci a comprendere ciò che siamo diventati e a costruire, dalle fondamenta, un’opinione pubblica cittadina in grado di decidere il proprio destino rinunciando, si spera, alla scorciatoia della delega senza controllo, sintomo di scarsa coscienza civica.