Il governatore, i giudici e le leggi del popolo

 

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Giovedì mattina, mentre il “partigiano” De Luca scendeva dalle montagne per entrare nel "Centro Direzionale" appena “liberato” dallo spettro dello scioglimento del Consiglio regionale grazie al decreto monocratico del presidente della Prima Sezione civile, agenzie di stampa e quotidiani on line riportavano dichiarazioni come questa presa da “il Giornale.it” e postata su Facebook: “la sospensione di De Luca - afferma il giudice - non può tradursi in una abnorme revoca delle elezioni o in una estemporanea rottamazione degli organi della Regione, vanificando il "munus" degli eletti, primo tra tutti il presidente e la stessa volontà popolare con conseguenze sovversive di una democrazia rappresentativa". Uno dei primi commenti: se questa è la convinzione del giudice, il 17 luglio (data di fissazione dell’udienza dinanzi al Collegio, ndr), meglio andare al mare. Insospettiva la formula perentoria, più politica che giuridica, di quel giudizio. E la conferma arrivò dal comunicato-stampa dell’Ufficio di Presidenza del Tribunale (fatto anche questo irrituale, perché i giudici, si dice, parlano con le sentenze). Undici righe di testo asciutto e formale, nel quale si ricordava che nell’udienza del 17, udite le parti, (la decisione monocratica del Giudizio ex art. 700 c.p.c. prevede che l’altra parte possa non essere ascoltata, perché  la sua “convocazione potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento richiesto”) il decreto sarebbe stato confermato, modificato o revocato. Tutto fu subito chiaro. E su FB, 15 secondi dal primo, apparve un nuovo post: “ho solo il dubbio che il giudizio virgolettato apparso sul “ il Giornale”, non sia del giudice monocratico, ma possa essere una delle asserzioni della parte nel ricorso al Tribunale adito". Calato il sole, arrivò la risposta. I siti web dei maggiori giornali pubblicarono infatti il testo integrale del Ricorso di De Luca con il connesso Decreto monocratico del giudice Cioffi. Ricorso che a pagina 6 riportava proprio quella frase messa in bocca a un non precisato magistrato. Un fatto “estremamente grave”, le parole usate dal Presidente del Tribunale Ferrara in una nota del giorno dopo. Un fatto molto grave sul quale converrebbe indagare. Se non altro per capire chi si celi dietro il tentativo di tirare la magistratura per la giacchetta. Dopo la condanna per abuso di ufficio (definita “demenziale”dall’allora sindaco di Salerno, perché inflittagli per un reato "puramente linguistico"), il Collegio della Seconda Sezione penale del Tribunale si è astenuto da ogni commento pubblico, limitandosi a pubblicare 144 pagine di Motivazioni. Che poi  - com’è detto nel Ricorso (pagg.6-7) “la sospensione non può tradursi in una abnorme revoca delle elezioni o in una estemporanea rottamazione degli organi della Regione……” appare giudizio più politico che tecnico-legale. Riguardo ad esso si potrebbe essere in astratto anche d’accordo. Ma quando ci si renda conto che alla situazione presente si arriva anche per responsabilità personale del ricorrente che, pur consapevole di un vulnus nel proprio diritto soggettivo all’elettorato passivo (in forza di una legge – vigente - che lo assoggetta alla sospensione per 18 mesi), “ha contribuito” di suo al “fatto” in causa, bisognerebbe tenerne conto. E anche sui supposti profili di incostituzionalità (dove i pareri sono discordi), finché non arriva la pronuncia dell’Alta Corte, resta il solito pour parler. Infatti, dopo la sua pronuncia, De Luca potrebbe continuare a trovarsi nella condizione di essere sospeso dalla carica. E allora che fine farebbero i provvedimenti frattanto assunti da Governatore? Anche questo, in fondo, ha a che vedere con l’interesse collettivo per la funzionalità dell’istituzione e la certezza delle situazioni giuridiche da essa create. Forse c’è anche la responsabilità personale nell’aver voluto a tutti i costi sfidare l’applicabilità di una legge ritenuta sbagliata e sbilanciata, infilandosi in un tunnel senza safety outputs. Con un braccio di ferro in cui a perderci saranno alla fine i campani.