Il deputato di Pellezzano e la nostra gerontocrazia

di Carmine Pinto
Angelo Tofalo, di Pellezzano, è molto probabilmente già eletto deputato. E’ un ingegnere civile di trent’anni della Valle dell’Irno che lavorava con un contratto a progetto. Anche altri giovani professionisti nostri conterranei stanno per entrare alla Camera dei Deputati: Roberto Fico, Andrea Cioffi, e molti altri. Sono tutti ragazzi indicati dalle primarie telematiche del Movimento 5 Stelle, il partito di Beppe Grillo. Qualche settimana fa, in Sicilia, l’M5S ha eletto quindici consiglieri regionali della stessa generazione. Pietro Nenni e Bettino Craxi non erano riusciti in quarant’anni di battaglia politica socialista neppure ad arrivare a quei numeri. La società italiana sta cambiando profondamente, la politica si è trasformata, i vecchi partiti non possono tornare più ma c’è qualcosa di inossidabile: la volontà della generazione di sessantenni e settantenni che si sono affermati negli anni ottanta di non mollare il ruolo che si sono conquistati (e spesso gli è stato regalato).
I volti dei consiglieri regionali siciliani sono lo specchio della crisi generazionale del nostro paese, testimoniata solo poche settimane fa dalle primarie del Partito democratico. Si tratta della leva che è cresciuta nella Seconda repubblica, di uomini e donne nati tra gli anni settanta ed ottanta che si sono trovati la strada sbarrata da coloro che avevano fatto, nel ’68 e negli anni successivi, proprio del rinnovamento generazionale la propria bandiera. Gli ex contestatari e il loro coetanei, meno aggressivi con gli slogan, ma altrettanto determinati nel tenersi strette le posizioni conquistate, sono coloro che hanno beneficiato dello stato sociale italiano, dell’espansione dei posti pubblici e del rapporto tra politica, stato ed economia. E sono loro che non cedono posizioni. Guardiamo alla politica. L’Italia è l’unico caso, in tutto il mondo europeo ed atlantico, dove le terze fila della Prima repubblica sono al potere a livello nazionale e locale, anche se non tanto per proprio merito quanto per le conseguenze sistemiche della crisi di Tangentopoli.
Grillo e Renzi sono stati, più che una proposta politica di governo del paese, anche una profonda reazione di due intere generazioni di esclusi dall’ascensore sociale. Un fenomeno che nel Mezzogiorno è drammaticamente fotografato non solo dalle vicende politiche, quanto dalla esclusione massiccia dell’accesso al lavoro e dalla ripresa dell’emigrazione. Le vicende politiche però restano al centro del problema delle prossime settimane. Le liste alla camera e al senato di presentarono tra un mese. Nell’anno, trascorso destra e sinistra hanno però fatto catenaccio per evitare di cambiare la legge elettorale e consentire ai vertici dei partiti di nominare i parlamentari a seconda della amicizia di apparato, corrente o famiglia. E’ superfluo dire che questa scelta, in una realtà fragile socialmente ed economicamente come il sud, è semplicemente uno scambio: subordinazione politica degli eletti ai centri romani in cambio del posto garantito. Ma, per le generazioni più giovani, è semplicemente uno schiaffo. Significa ancora una volta la perpetrazione e l’autoconservazione dell’élite che ha afferrato il potere nel 1992-3. Magari allargando a qualche giovane cooptato, il cui unico merito è la fedeltà al capo di turno. Il Pd ora ha detto che farà delle primarie per indicare i nomi, Berlusconi ha annunciato un cambio radicale. Se a questi annunci non seguiranno fatti concreti, non ci sarà da stupirsi del voto a M5S, che i giovani li fa capolista,o, magari, che non andrà a nessuno. Semplicemente perché i giovani sono emigrati e non vanno a votare.

di Carmine Pinto
Angelo Tofalo, di Pellezzano, è molto probabilmente già eletto deputato. E’ un ingegnere civile di trent’anni della Valle dell’Irno che lavorava con un contratto a progetto. Anche altri giovani professionisti nostri conterranei stanno per entrare alla Camera dei Deputati: Roberto Fico, Andrea Cioffi, e molti altri. Sono tutti ragazzi indicati dalle primarie telematiche del Movimento 5 Stelle, il partito di Beppe Grillo. Qualche settimana fa, in Sicilia, l’M5S ha eletto quindici consiglieri regionali della stessa generazione. Pietro Nenni e Bettino Craxi non erano riusciti in quarant’anni di battaglia politica socialista neppure ad arrivare a quei numeri. La società italiana sta cambiando profondamente, la politica si è trasformata, i vecchi partiti non possono tornare più ma c’è qualcosa di inossidabile: la volontà della generazione di sessantenni e settantenni che si sono affermati negli anni ottanta di non mollare il ruolo che si sono conquistati (e spesso gli è stato regalato).

I volti dei consiglieri regionali siciliani sono lo specchio della crisi generazionale del nostro paese, testimoniata solo poche settimane fa dalle primarie del Partito democratico. Si tratta della leva che è cresciuta nella Seconda repubblica, di uomini e donne nati tra gli anni settanta ed ottanta che si sono trovati la strada sbarrata da coloro che avevano fatto, nel ’68 e negli anni successivi, proprio del rinnovamento generazionale la propria bandiera. Gli ex contestatari e il loro coetanei, meno aggressivi con gli slogan, ma altrettanto determinati nel tenersi strette le posizioni conquistate, sono coloro che hanno beneficiato dello stato sociale italiano, dell’espansione dei posti pubblici e del rapporto tra politica, stato ed economia. E sono loro che non cedono posizioni. Guardiamo alla politica. L’Italia è l’unico caso, in tutto il mondo europeo ed atlantico, dove le terze fila della Prima repubblica sono al potere a livello nazionale e locale, anche se non tanto per proprio merito quanto per le conseguenze sistemiche della crisi di Tangentopoli.

Grillo e Renzi sono stati, più che una proposta politica di governo del paese, anche una profonda reazione di due intere generazioni di esclusi dall’ascensore sociale. Un fenomeno che nel Mezzogiorno è drammaticamente fotografato non solo dalle vicende politiche, quanto dalla esclusione massiccia dell’accesso al lavoro e dalla ripresa dell’emigrazione. Le vicende politiche però restano al centro del problema delle prossime settimane. Le liste alla camera e al senato di presentarono tra un mese. Nell’anno, trascorso destra e sinistra hanno però fatto catenaccio per evitare di cambiare la legge elettorale e consentire ai vertici dei partiti di nominare i parlamentari a seconda della amicizia di apparato, corrente o famiglia. E’ superfluo dire che questa scelta, in una realtà fragile socialmente ed economicamente come il sud, è semplicemente uno scambio: subordinazione politica degli eletti ai centri romani in cambio del posto garantito. Ma, per le generazioni più giovani, è semplicemente uno schiaffo. Significa ancora una volta la perpetrazione e l’autoconservazione dell’élite che ha afferrato il potere nel 1992-93. Magari allargando a qualche giovane cooptato, il cui unico merito è la fedeltà al capo di turno. Il Pd ora ha detto che farà delle primarie per indicare i nomi, Berlusconi ha annunciato un cambio radicale. Se a questi annunci non seguiranno fatti concreti, non ci sarà da stupirsi del voto a M5S, che i giovani li fa capolista,o, magari, che non andrà a nessuno. Semplicemente perché i giovani sono emigrati e non vanno a votare.

pubblicato su "la Città" del 15 dicembre 2012