I SAMBURU, di Sergio Musungu Mazza

972296_10153093218500179_1233797663_n (1)Ciao a tutti... dopo un week end dove gli impegni si sono susseguiti in modo incessante, e soprattutto dopo la partenza dei 14 ragazzi del gruppo dei Focolari, oggi la nostra “casa” ha cambiato aspetto, ed è molto più tranquilla... tra l’altro anche Padre Leonardo e Lucia si sono allontanati per qualche giorno, diretti a Tum, quindi siamo rimasti davvero in pochi (Padre Gatito, la cuoca Elizabeth, un seminarista ed io).
Ora ho una stanza, con una piccola scrivania e un letto... che bello! 
Così ne approfitto, anziché farvi il solito diario, per parlarvi un pò di questo popolo che mi sentite spesso nominare, i SAMBURU! Immagino qualcuno di voi sia curioso di sapere chi sono?
In Kenya sono presenti circa 40 tribù, e i Samburu, una di queste appunto, rappresenta lo 0,5% del popolo kenyota.
Strettamente imparentati con i Masai, con i quali hanno in comune alcuni usi e costumi, nonchè la lingua, i Samburu abitano una delle zone più aride del Kenya, la savana a Nord del Mt. Kenya.
Proprio come i Masai, hanno conservato uno stile di vita tradizionalmente nomade o seminomade, e traggono sostentamento esclusivamente dal bestiame, in pratica. Vivono per lo più in piccoli villaggi chiamati “Manyatta”, caratterizzati da capanne in legno, dall’ingresso molto piccolo e comunque basse, in gruppi di più famiglie (difficile siano più di  suddivise per fasce d’età; praticano tuttora, in molti casi, la poligamia e riti tradizionali come la circoncisione, sia maschile che femminile, abitudini sicuramente difficili da comprendere per noi per quanto cruente, ma profondamente radicate nella loro cultura. Dopo il matrimonio le donne (si sposano giovanissime, talvolta intorno ai 14 anni) lasciano i loro clan d’origine, e comunque il loro prestigio sociale è molto inferiore a quello degli uomini.
Come le donne Masai, i loro abiti sono coloratissimi, e si adornano quotidianamente con collane di perline, come anche gli uomini del resto. Altra caratteristica comune al gruppo Masai è la figura dei guerrieri, i giovani che lasciano le loro abitazioni per dedicarsi alla difesa del territorio... caratteristici i piumaggi in testa e gli impasti di ocra rossa tra i capelli, in modo da poterli modellare e acconciare a mò di visiera, per ripararsi gli occhi dal sole. Questo popolo si spinge a Nord fino ai confini con la Somalia, e questo ha determinato sovente scontri che hanno anche favorito la conversione al Cristianesimo di gran parte della popolazione Samburu, che vede con sospetto l’Islam, tradizionale religione Somala.
Non hanno una tradizione scritta, essendo appunto seminomadi, e la loro sapienza e la loro visione del mondo viene trasmessa di generazione in generazione attraverso racconti, proverbi, detti, canti (soprattutto delle donne) e riti di iniziazione. In questa mia esperienza ho avuto l’onore di entrare nei loro villaggi e ammirare la loro ospitalità, oltre che i loro modo garbati... Pur essendo “poveri” sono prodighi di attenzioni verso l’ospite, e non si lascia la loro Manyatta senza aver bevuto una tazza intera di Chay, il thé locale miscelato con il latte di capra.
Gli anziani, poi, rispettati da tutto il clan, sono pozzi di saggezza, e rispondono con attenzione e dedizione alle domande più disparate che gli poniamo di volta in volta, soddisfando ogni nostra curiosità: sono una biblioteca vivente, costruita con lunghi anni di esperienza, con la riflessione sugli eventi passati e presenti, con tante ore di discussione comunitaria. Molto bello questo passo che ho letto in un libro sulla cultura Samburu qui in missione, scritto da qualcuno che mi ha preceduto... ve lo “dono”, sperando di farvi cosa gradita:
“L’alba arriva e infuoca ogni cosa, e dopo poco inizia il grande rito dell’iniziazione e della circoncisione. Persi nel nulla di questa natura, anziani, donne e guerrieri si ritrovano per festeggiare il rito e, tra canti e danze, saltano su questa terra come a far sentire il loro peso, come a far sentire di esserne parte integrante, un tutt’uno. Non è una danza dedicata a noi, anzi, diamo persino fastidio, è tutto per loro, ma questo è un valore aggiunto, essere lì con loro, con le loro tradizioni, nella loro terra. Con gli occhi carichi di loro e della loro casa natura, mentre camminiamo per ritornare, ci rendiamo conto che ormai è troppo tardi, qualcosa di questo popolo ci resterà per sempre dentro.
E’ considerata onta grave alla propria famiglia dimostrarsi paurosi di fronte alla circoncisione. verso sera il padrino porterà al circonciso le frecce, i sandali e l’arco. Da allora diventerà un vero cacciatore, e solo quando diventerà guerriero potrà dipingersi il corpo con l’ocra rossa”
Beh, vi garantisco come, vivendo in mezzo a loro, si colga il senso delle cose in modo differente rispetto a noi... nei prossimi giorni è mia intenzione continuare a parlarvi di loro, del loro rapporto con la religione, con gli animali, dei loro valori e di tutto quello che è SAMBURU...
Da domani, poi, inizio a fare anche attività a scuola, di formazione per gli insegnanti e pratica con i bimbi... Sarà bello condividere questa ulteriore nuova esperienza! E proprio per questo vi saluto con uno dei proverbi che ci hanno detto e che mi ha colpito:
EUWAA KUNA ETIOYO NKUMO - "Molto è qui, ma molto di più è in arrivo"
Non ti meravigliare delle novità che accadono intorno a te: il bello deve ancora venire.