I risultati delle primarie di oggi sono già scritti

di Carmine Pinto
Il risultato delle primarie di oggi, in provincia di Salerno, è già scritto. L’esclusione dei renziani ha determinato un sostanziale equilibrio all’interno della maggioranza: si possono confermare gli uscenti, aggiungere una posizione in sostituzione di Vaccaro (blindato da Letta a Roma) e candidare in quota di sicurezza una o due donne, sempre bersaniane. Certo, domani in molti si divertiranno per capire chi arriva prima e chi giunge dopo, ma è evidente che le posizioni utili alla elezione sono state decise una settimana fa. Gli altri candidati si affannano coraggiosamente ma sono fuori da questo schema. Non possiamo sapere se i sostenitori di Renzi potevano modificare questo equilibrio e, del resto, si sono dimostrati incerti e divisi, ma avrebbero sicuramente reso complicato la gestione di un quadro tutto interno alla maggioranza provinciale. Questo modello non è nuovo per Salerno e non lo è per l’Italia. La scelta di fare le primarie su elenchi di elettori prestabiliti, con la direzione del partito che ha potere di veto sui candidati e determina la gestione dei seggi, i cento deputati decisi a Roma, come amici dell’uno o dell’altro, erano elementi che avevano immediatamente chiarito il profilo della consultazione: una ulteriore chiamata alle armi per legittimare i gruppi dirigenti centrale e locali del Partito democratico.

Tornare su questo tema non significa fare le pulci al principale e, soprattutto, più ricco ed organizzato partito italiano. Serve a comprenderne i dati costitutivi e il ruolo che giocherà nel sistema politico dei prossimi anni. Il problema è sempre lo stesso. La sinistra ex comunista proviene dalla Guerra fredda. Il Partito comunista era legittimato a partecipare al gioco parlamentare, spesso aveva un ruolo cruciale nella legislazione sociale ed economica ma era sempre estraneo al recinto della democrazia capitalista occidentale. La tesi della repubblica consociativa ha le sue ragioni e l’intreccio tra spesa sociale e debito pubblico lo dimostra. In ogni caso, il Pci restò un partito legato al mito fondativo della rivoluzione d’ottobre praticamente fino agli anni ottanta ma, allo stesso tempo, diventò un riferimento per settori della stampa, della magistratura, della cultura. Importanti gruppi economici lo individuarono come interlocutore già nello scorcio della Prima repubblica. Nonostante questo, la maggioranza del paese non si fidava. Craxi vinse una battaglia politica ed ideologica con il Pci di Berlinguer e Natta, Berlusconi fece a pezzi Occhetto e poi ridusse a forza minoritaria prima il tentativo di D’Alema poi quello di Veltroni. Ancora oggi il PD non riesce a raggiungere i risultati della sinistra europea, pur avendo contribuito a distruggere prima Craxi e ora (forse) Berlusconi.

Le primarie erano un tentativo di superare questa condizione ma sono restate confinate in un recinto antico. Il partito di Togliatti e quello di Berlinguer cercavano nella piazza la legittimazione che gli era impedita dalla collocazione internazionale. Le adunate di massa con le bandiere rosse che periodicamente giungevano a Roma e nelle principali città italiane servivano ad offrire un senso di appartenenza ai militanti e una immagine di partito nazionale ad amici ed avversari, confermando la funzione del gruppo dirigente e del leader. Le primarie hanno ereditato il ruolo dei cortei. Mobilitano militanti e simpatizzanti, creano entusiasmo e visibilità mediatica, soprattutto assegnano ai leader nazionali e locali una legittimazione importante, ma decidono poco o nulla. Questa sera vedremo se anche il voto di Salerno ci dirà che è proprio così, che il risultato è già deciso.

pubblicato su "la Città" del 29 dicembre 2012