Hobbes. Perché il lupo deve farsi agnello

Nella selva oscura non ci ritroviamo all’improvviso, passeggiando beatamente. In realtà la vita è un quotidiano intreccio di rami e tronchi dove muoversi costa fatica e timori. La sorpresa dovrebbe dunque arrivare dallo scorgere finalmente una luce: e non dall’addensarsi delle tenebre. Per quanto si cerchino sentieri di civile convivenza e di rispetto delle regole, infatti, e per quanto alti e nobili possano essere i tentativi delle anime elette,  l’uomo non fa altro che cercare il proprio utile attraverso il predominio sugli altri: con ogni mezzo. Ecco perché prima o poi inevitabilmente un pezzo di strada lo si percorre in compagnia di Thomas Hobbes.Pronunciato da solo, il nome del filosofo britannico vissuto tra la fine del ‘500 e la conclusione del ‘600 probabilmente dice poco, se non è accompagnato dalla frase che lo ha reso famoso: homo homini lupus, ogni uomo è lupo per l’altro uomo. Secondo Hobbes, ogni uomo tende all'autoconservazione e dunque cerca di acquisire senza limiti tutto ciò che serve alla sua conservazione, ma quello che fa il singolo uomo lo fanno anche gli altri ed ecco allora la guerra di tutti contro tutti (bellum omnium contra omnnes): appunto l’uomo lupo per l’altro uomo. Il filosofo completò poi il suo ragionamento aggiungendo che, per timore della morte e della distruzione, gli esseri umani desiderano vivere in pace; e per raggiungerla, la pace, arrivano a un accordo che avverrà solo per istinto di autoconservazione e non per un ideale morale superiore.

 

Ma il povero Hobbes, come spesso accade è stato inchiodato solo alla prima parte del suo pensiero, quella che in effetti conviene citare per giustificare i più indecorosi ed egoistici comportamenti dell’essere umano. Basta un’occhiata intorno a noi e la conclusione è sempre una, ed è amara:  mentre si è tutti in fila per vivere c’è sempre chi sgomita e passa avanti senza vergogna, difendendo esclusivamente gli interessi individuali anche quando non sono indispensabili alla vita, ovvero alla sopravvivenza fisica. Lo si fa per puro egoismo, per idiosincrasia alle regole, per dimostrare una presunta maggior forza, per far prevalere logore logiche gerarchiche e spegnere la discussione, per puntare a vincere anche fregando gli avversari.

 

 

In pochi si accorgono che si tratta di successi effimeri, e che le presunte vittorie di oggi sono sconfitte future per tutti. Infatti ad un certo punto è la natura stessa ad indicare la strada per uscire da una guerra che porta solo danni generali, suggerendo l’accordo di convivenza, la ricerca della pace. Con due princìpi fondamentali da rispettare, però: rinunciare ad una parte dell’istinto di appropriarsi di tutto ciò che favorisce la propria conservazione e adempiere i patti, perché  altrimenti sarebbe contraddittorio trasferire i propri diritti ma intanto cercare di mantenerli  per sé. E una legge non scritta che però andrebbe tenuta sempre chiara in mente: conservare tanta libertà quanta si vuole che gli altri abbiano nei propri confronti.

 

 

Ecco perché se districandovi nel buio cammino della vita incontrate Hobbes, ascoltatelo fino in fondo, non fermatevi a metà del suo ragionare. Conviene (o converrebbe) a tutti.