Gli asini in mezzo ai suoni

asini in mezzo ai suoni

Nel riflettere sugli eventi che hanno travolto, in questi ultimi giorni, le istituzioni repubblicane, si è sottolineato l’allargarsi della forbice tra società civile e società politica. Mi riferisco al deficit di rappresentanza di un ceto politico che appare incapace di recepire inquietudini e domande del paese in declino. La frattura più vistosa è stata il risultato elettorale che ha provocato uno stallo di ben due mesi. Il malessere sociale crescente, nonostante l’insufficienza dei protagonisti della scena politica, merita una risposta coraggiosa in armonia con le sensibilità emerse dalla sofferenza collettiva. Se si considera l’intera storia del sistema politico italiano, l’ultimo sussulto di vitalità risale alla formazione del centro-sinistra.

Dc e Psi furono capaci di rimettersi in discussione e di elaborare un progetto riformista che, seppur tra lentezze e degenerazioni, ha interpretato il mutamento economico, sociale, civile e culturale del boom economico. Il dibattito preparatorio del nuovo equilibrio governativo fu di un livello così notevole che richiamò l’attenzione degli osservatori europei. In nessuna altra epoca della storia repubblicana, ad eccezione naturalmente della fase costituente, il ceto politico ha mostrato tanto impegno e acutezza nel leggere la realtà, proponendo una nuova strada da seguire. Per questo il centro-sinistra è diventato un mito politico che condiziona, da allora, i rapporti di collaborazione tra i cattolici democratici e la sinistra progressista. Un mito irraggiungibile, a mio giudizio, poiché l’attuale limite della classe politica, o per lo meno delle tre forze maggioritarie, è l’immobilismo. Una paradossale staticità post-ideologica, determinata da fattori extrapolitici (tra i quali il rancore e un manifesto complesso di superiorità/inferiorità), che impedisce di leggere il cambiamento di scenario e la mutazione del vivere civile, stravolto nel profondo sia nei comportamenti individuali, sia in quelli collettivi, ridefinendo i parametri culturali dell’intero paese. In estrema sintesi, i partiti non solo rimangono inabili di fronte alla involuzione economica e sociale in atto nell'Italia del declino, come se la struttura del pensiero fosse stata obnubilata da una lunga malattia, ma affannano anche a comprendere lo straordinario mutamento del costume provocato dell’irrompere dell’era digitale. Anzi di fronte alla sua avanzata reagiscono come quei borghesi bacchettoni dell’Ottocento, insospettiti dall'avvento del cinematografo. Insomma, non appaiono in grado di adeguare le proprie strutture e di ricercare una nuova identità più armonica alle istanze e alle aspettative dei cittadini, neanche quelli che venerano il totem della democrazia partecipativa. Ne è prova il fatto che mentre Napolitano bacchettava la loro inadeguatezza quelli applaudivano comportandosi come “gli asini in mezzo ai suoni”.