Giancarlo Ansaloni e il 3 giugno del '90

Poche parole, semplici, pensate tutte d’un fiato: un nome Giancarlo Ansaloni e una data 3 giugno 1990. Se n’è andato il mister della “nostra” promozione, quella che siamo stati capaci di attendere per ben 24 anni. Nel catino del Vestuti, dove ci siamo innamorati della nostra “Sposa Bambina” e dove i più anziani, quelli che vi avevano visto addirittura il Grande Torino, vi si recavano semplicemente per veder giocare la Salernitana senza interessarsi su chi fosse l’avversario di turno. Anni di attese, sogni e delusioni con campionati già vinti dopo il calcio mercato di luglio, mentre a febbraio era già tempo di pensare a quello successivo dopo aver conquistato, però, la permanenza della categoria. Poi vennero don Peppino Soglia, il Capitano Agostino Di Bartolomei e infine Giancarlo Ansaloni. Uomo pragmatico, senza fronzoli per la testa. In alcuni casi era meglio portare via un punto che rischiare di perdere la partita. Ma questa sera non vale la pena commentare il gesto tecnico, qualche incomprensione all’interno dello spogliatoio perché per fare ciò ci sarà tanto tempo. Questo è il momento dove a trionfare è il sentimentalismo di un popolo che la domenica si incamminava per raggiungere il suo tempio pagano. Asciugare una lacrima che cade giù copiosa, mentre si ripensa a quelle immagini che dopo ventisei anni ti fanno ancora accapponare la pelle. Non ci stancheremo mai di raccontarla quella promozione, capace di cassare anche la cocente delusione dell’anno successivo conclusosi con la immediata retrocessione. Marulla e il Cosenza sul campo neutro di Pescara. Quel giorno imparammo a piangere maledettamente anche di dolore per la Salernitana. Ma se gli avessero acquistato un attaccante e lui avuto un po’ di coraggio in più probabilmente sarebbe finita in modo diverso. Ma cosi è se vi pare, la pellicola si riavvolge e il pensiero ritorna a quella uggiosa domenica di giugno, a quell’abbraccio tra lui e Ago con Bruno Carmando tra i due. Quante cose ancora ci dovrà raccontare quel 3 giugno. Una Salerno che il mister avrebbe voluto rivedere perché la maglia granata gli era rimasta nel cuore. L’ultima volta che l’ho sentito è stato quando doveva scrivere per il libro “Guidaci ancora Ago” un ricordo del Capitano, e fu proprio in quel momento che mi confessò della sua voglia di ritornare per un fine settimana in città, per poter passeggiare sul lungomare e poi recarsi allo stadio Arechi. In fondo lui è stato il primo mister di questo impianto. Ma non poteva guidare, l’età non glielo permetteva più per viaggi così lunghi e quindi avrebbe potuto farlo solo se qualcuno lo avesse accompagnato. Ecco mister, non credevo di riuscire a finire queste poche righe. Ma ce l’ho fatta, così come ci riuscisti tu con i tuoi ragazzi regalandoci quella gioia infinita che noi non dimenticheremo mai più.