Gang, "sangue e cenere" a pugno chiuso

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Ci sono censure che durano più di quell’editto che Silvio Berlusconi pronunciò contro Santoro, Luttazzi e Biagi. Nel 1991 per essersi messi di traverso contro la repubblica presidenziale che Craxi stava realizzando ed aver letto davanti a migliaia di persone (altrettanti davanti al piccolo schermo) un comunicato che invitava i lavoratori allo sciopero generale, la loro musica fu messa al bando dal grande circuito mediatico. Poca roba per gente che veniva fuori dalla scena punk marchigiana. Il loro “combat rock” ha continuato ad esistere e ad influenzare tantissime band italiane. E anche quando dal punk in salsa Filottrano il loro suono si è spostato verso il folk rock, la loro matrice politica è rimasta “fedele alla linea”.

A Roma, le parole lette sul palco di piazza San Giovanni, in quel concertone del primo maggio organizzato dai sindacati, furono più o meno queste: Ciao! Siamo venuti a dare un consiglio ai sindacati e a tutti i lavoratori. Il consiglio dei Gang è: sciopero generale. Sciopero generale per un reddito sociale ai disoccupati, per la riduzione dell’orari di lavoro, per il disarmo e la solidarietà con i popoli del sud del mondo, per la parità dei diritti dei lavoratori italiani e immigrati, per l’autogestione dell’istruzione, contro ogni colpo di stato istituzionale, contro la Repubblica presidenziale…

Sono passati ventiquattro anni e queste parole continuano a fluttuare nella politica fuori dai palazzi. Oggi, scrivono i fratelli Severini «più che mai vorremmo che queste canzoni non fossero umiliate e trattate come merci. Proprio perché sono canzoni che aspirano a diventare Beni e soprattutto Beni comuni…come l’acqua, il paesaggio, l’aria…come il cibo!».

Sandro e Marino si riferiscono a quelle parole contenute nel nuovo disco “Sangue e cenere” – ma anche, aggiungiamo noi,  a tutte quelle pronunciate dall’84 ad oggi - che arriva nei negozi dopo quattordici anni di buio. Sabato mattina (ore 11.30) il nuovo disco sarà presentato in uno showcase acustico da Disclan. E i fratelli Severini saranno certamente contenti di venire a suonare a Salerno. Non fosse altro che il loro cognome (declinato al singolare), in questi mesi di politica, è sulla bocca di tutti e non per fatti legati alla buona musica.

E la loro musica suona ancora come quella “Rossa primavera” del 2001. Il punk è oramai un ricordo lontano e «se Bob Dylan dice di sentirsi un cowboy, per quel che mi riguarda posso dire che mi considero un pastore, e tutta l’esperienza con i Gang la considero un’eterna transumanza». Pastori del folk rock italiano con testi sempre attenti ai valori concreti della terra e un ritmo incalzante di quelle belle ballate che ricordano il Neil Young e le cavalcate country dei Crazy Horse. Dall’omonima apertura passando per l’antifascista “Alle barricate” che racconta i fatti di Parma a quegli “Angeli di Novi Sad”. Undici tracce che chiudono con la romantica “Mia figlia ha le ali leggere”. Un grande disco, fuori dagli schemi, come certo cantautorato italiano anche di nuova generazione. Ma qui c’è il valore della loro storia vissuta in prima linea e sulle barricate senza mai cedere di un passo al pop. Tant’è che anche gente come i Gang hanno fatto ricorso a quel crowdfunding che consente ai veri artisti, di rimanere liberi e ribelli.