Etienne de la Boétie. Una scintilla sprecata

Nel frequente buio dell’esistenza si procede fatalmente a tentoni. Una fiamma potrebbe agevolare il cammino. Una scintilla potrebbe aiutare ad accenderla. Ma spesso alla luce preferiamo le tenebre, soprattutto quelle dell’intelletto. E la scintilla la facciamo spegnere dal vento. Una l’aveva accesa qualche secolo fa Étienne de la Boétie. Sarebbe dovuto bastare il titolo della sua opera: discorso sulla servitù volontaria. A occhio non è bastato. Nessuna fiamma si è accesa.
La fiamma per l’uomo avrebbe potuto essere questa semplice verità: i tiranni detengono il potere in quanto sono i sudditi a concederglielo; la società, una volta corrotta, ha preferito la servitù del cortigiano alla libertà, al rifiuto di essere sottomessi e di obbedire. Bang: uno sparo nel silenzio, un fulmine nel cielo limpido, una luce – appunto – nel buio. Concetto espresso da Étienne de la Boétie, francese della metà del 1500, all’età di 22 anni, per qualcuno addirittura 18. Ma nessun silenzio è stato rotto, nessun cielo si è increspato, nessun buio è stato rischiarato.
La forza del suo “discorso” sta probabilmente nell’aver sottolineato, in realtà, più le colpe dei servi che quelle dei padroni. Il tiranno, secondo de la Boétie, si serve soprattutto di tre mezzi per assoggettare il popolo: abitudine abbrutimento divisione sociale. Andrebbero scritte, queste tre parole, su tutti i muri del mondo; in realtà basta essersele impresse a fuoco nelle menti e l’effetto è garantito. Soprattutto sull’abbrutimento, il francese ci regalava, già tanti anni fa, un insegnamento prezioso. Come si ottiene, l’abbrutimento? Con “panem et circenses”. Leggete qui: «I teatri, i giochi, le farse, gli spettacoli, i gladiatori, le bestie esotiche, le medaglie, i quadri ed altre simili distrazioni poco serie, erano per i popoli antichi l’esca della servitù, il prezzo della loro libertà. Gli antichi tiranni li utilizzavano per addormentare i loro sudditi sotto il giogo. Così i popoli, istupiditi, trovando belli quei passatempi, divertiti da un piacere vano che passava loro davanti agli occhi si abituavano a servire più scioccamente dei bambini che vedendo le luccicanti immagini dei libri illustrati, imparano a leggere». E in quanto al “panem, leggete ancora”: «I tiranni elargivano un quarto di grano, un mezzo litro di vino ed un sesterzio; e allora faceva pietà sentir gridare: “Viva il re!” Gli zoticoni non si accorgevano che non facevano altro che recuperare una parte del loro, e che quello che recuperavano, il tiranno non avrebbe potuto dargliela, se prima non l’avesse presa a loro stessi».

Basta? No, evidentemente, dal momento che il folgorante Étienne è stato presto dimenticato, o almeno trascurato dai più. Anzi, ci siamo consegnati allegramente a svariate forme di tirannia. E non fidatevi di quanti strepitano che, no, loro no, loro sono liberi. Liberi sì, ma di essere schiavi. E si può essere moltitudine schiava di pochi, ma anche far parte di pochi schiavi della moltitudine, della massa, della folla; alla quale attribuiamo desideri e gusti che in realtà ci consentono di giustificare le nostre scelte prive di coraggio, di rotolarci nelle convenzioni come maiali nel fango.

Il calcio, un esempio fra tanti. Ci si continua a nascondere dietro la voglia dei tifosi di vincere e basta, senza pensare a come si vince, per giustificare tutte le nefandezze tattiche e comportamentali; In realtà lo vogliono i tecnici incapaci di andare oltre un solo modulo tattico (catenaccio e contropiede) e se qualcuno prova ad emergere cercando di coniugare bel gioco e risultati, lo si risospinge nel buio nascondendosi dietro “quello che vuole la gente”. Servitù volontaria, appunto. Il giornalismo, altro esempio. Si continuano a farcire pagine e pagine dei quotidiani con fatti di cronaca e sesso, fatti peraltro stiracchiati per giorni e giorni perché è “quello che vuole la gente”. In realtà lo vuole la pigrizia mentale di chi non va oltre il proprio naso, e intanto i giornali non si vendono più. Servitù volontaria, evidente. La scuola, perbacco: metodi vecchi e decrepiti, studenti sempre meno interessati, didattiche polverose e argomenti senza mordente; un’auto dell’altro secolo che procede lenta mentre la società intorno schizza via veloce. Perché cambiare? Perché sforzarsi? Ma soprattutto perché ammettere i propri ritardi quando ci si può nascondere dietro la tradizione e il “si è sempre fatto così”?. Servitù volontaria, ecco, e anche comoda.

Il buio non è solo intorno a noi, è dentro di noi. E nessuna scintilla potrà più salvarci.