Essere e sentirsi di sinistra

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Ho apprezzato la lettera di Fausto Aliberti sulla “voglia di una vera sinistra”, ma non condivido alcune riflessioni; in particolare quando scrive: “Questa città viene fuori da vent’anni importanti, ma mi pare chiaro che sia giunto il momento di andare oltre… Quello che Salerno deve capire, quello che devono capire i “deluchiani” e gli “anti-deluchiani” è che un’epoca si è appena chiusa”. Non conosco l’estensore del testo, dunque, cedetemi, non sono mosso da intenzioni polemiche. La vulgata dello scontro tra “deluchiani” e “anti-deluchiani” è una volgarizzazione del dibattito politico usata per sminuire chi si pone in una posizione differente rispetto alle scelte del governo cittadino. L’autonomia di pensiero è mortificata da una semplificazione pre-politica in cui, chi si dichiara di sinistra, dovrebbe evitare di cadere. Se espongo un concetto, un’idea o un programma capace di migliorare la vita dei salernitani, ci sarà sempre qualcuno pronto a sottolineare: “Si, vabbè ma sei anti-deluchiano”. Questa si chiama anti-propaganda, cioè una propaganda tendente a depotenziare la credibilità dell’interlocutore, preda di un intollerabile pregiudizio. L’atteggiamento corretto sarebbe verificare la qualità, la fattibilità, l’economicità e l’efficacia della proposta effettuata, depurata da scorie metapolitiche. Chi cade in questo errore è ancora avvinto dalla mentalità che ha dominato la partitocrazia italiana per quasi un cinquantennio: “l’ossessione del nemico”.

Che voglio dire? Se il Pci formulava una proposta sensata la reazione era: “Si, ma sono comunisti”, a significare che quel partito era contro il sistema di potere democristiano e, quindi, ogni sua iniziativa era volta a mettere in difficoltà la Dc e non a migliorare le condizioni generali della democrazia repubblicana. Ora, con l’affermazione del personalismo, l’accusa di pregiudizio politico è mutata in colpevole attacco personale. Un esempio? Non si può discutere degli errori commessi dal governo senza essere giudicato un “gufo” anti-renziano, non si può avere un’idea differente di città, a Salerno, senza essere considerato un anti-deluchiano. Così come viene posta la questione, nella suddetta lettera, sembra che il pregiudizio appartenga piuttosto ad una minoranza elitaria annoiata dalle discussioni tra nemici. Se così fosse la sinistra non avrebbe ragion d’essere perché sarebbe soltanto un’associazione culturale frequentata da snob spocchiosi. In verità, alcuni esponenti della sinistra salernitana hanno un atteggiamento altezzoso che, con ogni probabilità, è uno dei motivi della loro nullità elettorale. Di che sinistra parliamo? Quella che governa da vent’anni o quella radicale che riesce ad eleggere qualche consigliere solo se è alleata della prima? O forse dietro la fase: “Lo stesso Partito Democratico dovrebbe avere il coraggio di emanciparsi. È giunto il momento di voltare pagina. Per la Sinistra e per Salerno”, si nasconde l’ipotesi di un rassemblemet dei “sinistri” intorno ad un nuovo programma? Quale sarebbe questo programma? L’acqua pubblica, il reddito minimo garantito, l’accesso ai sapere e la questione morale. Bene, ma mi pare che queste tematiche siano al centro anche del programma dei 5 Stelle di cui non si apprezza, però, il “metodo” perché “anti-politico”. Si ripete la retorica novecentesca e stantia della sinistra unico luogo della politica: tutto ciò che si muove fuori da quest’orizzonte o è società civile (impolitica) o movimentismo intollerante (antipolitica). Questa visione monocorde provoca un difetto d’analisi: non ci si rende conto che berlusconismo/renzismo e integralismo civico dei 5S sono la forma della cultura politica post ideologica. Può piacere o meno ma, a differenza della Spagna, in Italia, nella crisi di rappresentanza dei soggetti politici tradizionali, non si è coagulata una forza capace di contrastare queste culture da sinistra, rinunciando allo schematismo ideologico. Se si pensa all’arcipelago “rosso” italiano troverete tante piccole isole che hanno costruito la loro identità per sottrazione, con dirigenti isolati nelle pieghe di un modo ormai svanito. Prendete Sel: ex rifondaroli (già ex demoproletari), ex socialisti, ex diessini, ex verdi, ex deputati, ex senatori, ex sindaci, ex presidenti e così via; passate a Possibile: ex diessini e piddini (e qualche viso nuovo) espulsi dal processo di centrifugazione renziana; infine guardate Sinistra Italiana: ex diessini e piddini arrabbiati con il capo perché marginalizzati. Sentirsi di sinistra non significa esserlo soprattutto se si rischia di sostenere ambiguamente un’inaccettabile speculazione edilizia che proprio la sinistra, come ci ha insegnato Franceso Rosi, dovrebbe combattere.