Egesia e Aristippo. Felicità e distacco dalle passioni

Di ricette per cercare di vivere bene sono pieni i manuali di filosofia, e non solo. E di ingredienti che possano regalare belle parentesi, abbiamo più o meno tutti una lista; o più liste a seconda dei giorni e dei tempi. Un consiglio semplice ci arriva come sempre dall’antica Grecia: “Il sapiente non si affannerà tanto nel procurarsi i beni quanto nell’evitare i mali”.Le firme sotto il consiglio sono due: Egesia e Aristippo, la scuola di pensiero è una: i cirenaici. Entrambi del quarto secolo avanti Cristo, entrambi ovviamente originari di Cirene, spingono verso il limite i concetti dell’epicureismo e offrono una lezione di distacco dalle passioni. Aristippo è quello del famoso episodio dello sputo (Simo, tesoriere di Dionisio, un furbastro arricchito,  gli mostrò una casa magnifica e pavimentata con mosaici bellissimi; Aristippo si guardò intorno poi gli sputò in faccia e quando Simo protestò, gli rispose: non avevo un posto più adatto») e sosteneva che il “piacere vero è il motore positivo dell’esistenza di una persona, che è successione discontinua di istanti e va vissuta solo nel presente, ignorando il passato e il futuro”; dunque un’anticipazione del più famoso “carpe diem”, cogli l’attimo. Ma Aristippo diceva anche che il piacere va perseguito senza diventarne dipendenti, poiché se da posseduto diventa possessore, va abbandonato poiché l’autosufficienza e l’autonomia individuale sono sopra ogni altra cosa.

 

Egesia tiene fermo il principio fondamentale dei cirenaici, secondo cui il fine dell'uomo è la soddisfazione del proprio piacere, ma dubitando che questo si possa realizzare, fa un passo avanti e dice che non esistono altri valori della vita al di fuori del piacere dell’utilità; e specifica: “Nulla sono gratitudine, amicizia e beneficenza, queste cose noi le scegliamo non per se stesse ma per ragioni di utilità, mancando le quali neppure quelle sussistono più”. E anche: “Il sapiente si propone come fine una vita né faticosa né dolorosa, il che si realizza con uno stato d’animo di indifferenza per ciò che produce il piacere”; e infine: “La felicità è irrealizzabile. Per l’insensato vivere può essere vantaggioso, per l’uomo saggio, indifferente”.

 

E già così ce n’è tanto per inchinarsi, se non per prendere esempio e comportarsi di conseguenza. Ma quello che sorprende è un ulteriore scatto in avanti. Perché anche i cirenaici, che pure propugnano il piacere strettamente individuale e istantaneo, non dimenticano di appartenere a una comunità che richiede doveri, oltre o prima che diritti. E allora ci insegnano che bisogna anche tenere in considerazione le leggi e le consuetudini, perché, “sebbene queste non abbiano alcun valore intrinseco, violandole si andrà incontro a sgradevoli sanzioni imposte da altri”.

 

Una bella lezione, non c’è che dire, per gli individualisti che sicuramente vi circondano e circondano tutti: sia pure solo per evitare disturbi al proprio piacere, le leggi vanno rispettate. E anche la più bieca soddisfazione delle necessità personali, non può non deve prevalere sulla civile convivenza. Lo capirono venticinque secoli fa, forse non è poi così difficile.