Ecoballe: De Luca e la sfida di bruciarle a Salerno

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Il 16 luglio 2009 Vincenzo De Luca, quale Commissario straordinario del Governo per la realizzazione del termovalorizzatore di Salerno, viene ascoltato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Il discorso cade anche sui milioni di tonnellate di ecoballe in attesa di un'adeguata soluzione per lo smaltimento. Il sindaco di Salerno prospetta la possibilità di bruciarle nel termovalorizzatore, precisando che (lo dice il testo stenografico dell’udienza): “si può (bruciare le ecoballe a Salerno), anche se non conviene comunicare questo intento”. Durante la recente campagna elettorale, il tema delle 5,6 mln di tonnellate di ecoballe entra con il suo peso nel programma del candidato-Governatore che prende impegno di affrontarlo nei primi 100 giorni. E lascia capire che affiderà lo studio della (o delle) modalità a un comitato di esperti, per poi assumere la sua decisione. Decisione che – secondo quanto riferito ieri da la Città – sarebbe matura. E andrebbe nella direzione di far bruciare nel cementificio di Salerno, entro due-tre anni, tutto lo stoccaggio di ecoballe dislocate in Campania. Il Governo sembra disposto a intervenire con un apporto finanziario fino a 700 mln di euro. E il nuovo governatore - che ha buon fiuto - ha capito che quella palla era da prendere al volo. Per vari motivi. Primo, la vanità di mostrarsi sempre all’altezza della fama di uomo delle decisioni difficili. E questa lo è anche più di altre. Secondo, il Governo, per poco che valgano le promesse, dice di volersi impegnare a sostenere parte del costo dell’operazione per l'importo indicato. E questo precluderebbe (sembra) la possibilità che l’Esecutivo si accolli pure il pagamento dei 20 milioni di sanzione europea per infrazione, e dei 120 mila euro per ogni giorno di ulteriore ritardo che resterebbero a carico della Regione. Il secondo motivo risiederebbe nella soluzione trovata, che forse già da tempo “tenzonava” nella testa di De Luca: la plus part dello smaltimento avverrebbe per termodistruzione nel cementificio di Cupa Siglia, al confine tra i Comuni di Salerno, Pontecagnano e San Cipriano Picentino. E sotto il naso dei giffonesi (dei Casali), nella Italcementi di Pesenti, che ha da poco ceduto il 45% delle azioni alla tedesca Heidelberg Cement (un colosso mondiale del settore) che ne ha ridimensionato il ruolo industriale, determinando esuberi di personale già collocato in Cassa integrazione. Pompare nuova finanza nelle casse della società servirà a dare ossigeno all’azienda invogliandola a trovare una soluzione mitigata sul piano occupazionale. Su quello normativo, soccorre il Dlgs 3 aprile 2006 n. 152, che all’art. 183 comma 1 lettera cc definisce la nozione di Css (combustibile solido secondario), confluito nel Decreto 14 febbraio 2013, n. 22 del Ministro dell’Ambiente Clini. Sul piano formale non si vedono significativi ostacoli alla possibilità che quello che una volta si chiamava Cdr (combustibile da rifiuti) e che oggi viene chiamato Css (combustibili solidi secondari), equivalente grosso modo alla frazione “indifferenziata” della Raccolta (quella che una volta andava in discarica e che oggi finisce negli inceneritori o nei cementifici, con recupero di valore termico-elettrico), arrivi nei forni dove di norma si sarebbe trovato il clinker. Da cosa può nascere allora il pericolo che a Salerno si alzino barricate? Può nascere solo dal modo che la politica sceglierà per gestire il problema. Prima, perché esistono pareri discordi sui diversi livelli di pericolosità delle emissioni di fumi nell’aria. Per esempio, per International Society of Doctors for Environment (Medici per l’Ambiente) i limiti di legge per gli inceneritori sono da 2 a 9 volte più bassi rispetto ai cementifici. E questi, inoltre, espongono al rischio di immissione di quantità elevate di metalli pesanti nell’aria. C’è poi il problema di sapere cosa ci sia nei 4,2 milioni di ecoballe sparse nella Campania tra il 1994 e il 2009. Dopo quanto è successo nella Terra dei Fuochi, nessuno può più pensare che la politica tenga  le popolazioni interessate fuori (come suggeriva De Luca alla Commissione parlamentare) dal controllo sulle procedure seguite. I cittadini hanno diritto di sapere tutto: se l’area di Cupa Siglia, per gli esistenti livelli di inquinamento atmosferico, sia idonea a sopportare un ulteriore aggravio ambientale; hanno diritto di accesso ai controlli che si effettuano su  carichi/scarichi/destinazione/qualità/quantità dei Css giornalmente trattati. E ancor più hanno diritto di controllo sulle emissioni quotidiane dei fumi prodotti dall’incenerimento. Non si può pensare di derogare o annullare questi diritti perché il decisionismo impone di appuntarsi medaglie al petto. Non a caso proprio al “De Officiis”  Cicerone affidò il monito: “cavenda etiam est gloriae cupiditas”.