Don Pietro, uno di noi

don-Pietro

La morte di Gianroberto Casaleggio è sicuramente l’argomento della settimana e vedrete come molti di quelli che lo hanno disprezzato in vita proveranno a farne le lodi da morto dipingendolo come un visionario di un futuro prossimo a venire. Ma non ho intenzione di scrivere del guru del M5S. Conosco poche cose della sua vita personale e professione, quelle che tutti possono apprendere, leggendo notizie dal web o sulla carta stampata. Quello che ho notato, tuttavia, è che, proprio in virtù della sua “altra” dimensione digitale, i social network, nel giro di pochissimi minuti, sono stati invasi da pezzi giornalistici, riflessioni su blog e post articolati. La persona di cui sto per parlare non ha consuetudine con lo spazio virtuale, ma è protagonista ci quello fisico e reale fatto di donne e uomini sinceramente avvinti al suo cuore di uomo. Vi starete domandando chi è questa persona. Presto fatto. Mi sto riferendo a don Pietro Mari, parroco pensionando del Volto Santo a Pastena. La notizia del suo ritiro, dall’avamposto delle zona orientale, mi lascia sconcertato come migliaia di suoi fedeli. Mi lascia sconcertato non come cattolico, religione che non professo, ma come cittadino salernitano. Don Pietro senza gesti eclatanti ha compiuto un lungo lavoro di sostegno costruendo in periferia un comunità coesa attorno ai valori della fratellanza e della solidarietà.

Valori universali, per divulgare i quali non c’è bisogno di essere necessariamente cristiani. Da questo punto di vista il parroco ha coltivato e fatto fruttare l’insegnamento di S. Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano Secondo: si può essere cattolici e pienamente integrati nella modernità, al punto da educare un insieme composito di anime al dialogo e alla salvaguardia dei diritti civili, anche quelli più pelosi per l’ortodossia ecclesiastica. Di più; don Pietro è riuscito a dare grande spazio al volontariato laico facendo in modo che il Volto Santo diventasse punto di riferimento per le attività di sostegno e assistenza agli emarginati, ai poveri, ai migranti cercando di trasformare la carità in opportunità di inserimento all’interno di una vasta rete di attività sociali, culturali e ricreative, felicemente connesse con gli esercizi spirituali e l’attività curiale. E tutto questo è stato fatto senza mai tracciare i confini territoriali del proprio mandato ma allargando, grazie alla collaborazione attiva e quotidiana con don Ciro Torre, la comunità parrocchiale a collaborazioni trasversali tese al radicamento di esperienze sperimentali, divenute, ben presto, consuetudinarie: dalla mensa all’ambulatorio sociale, dal commercio equo e solidale alla finanza Etica, dal sostegno ai migranti all’assistenza ai diversamente abili. Mai un passo indietro. La Bottegaia, l’associazione Agorà, il gruppo territoriale di Banca Etica, il Movi e associazioni come Paideia, Ipotenusa e lo stesso presidio di Libera della città di Salerno devono alla sua dinamica vocazione buona parte della loro vitalità. La disponibilità di Casa Nazareth è un segno evidente della volontà di un gregge di non perdere il proprio pastore, un gregge nel quale sono entrati cattolici e uomini di buona volontà tutti pronti a rimboccarsi le maniche. Anch’io sono pronto e disponibile a passare a don Pietro, in qualsiasi momento, il testimone di referente del presidio cittadino di Libera. Presidio che esiste grazie alla sua pervicace volontà, insieme alla passione di diversi altri cittadini salernitani. Presidio che è stato “battezzato” nella chiesa del Volto Santo con un bagno di folla, accorsa ad ascoltare le parole di don Luigi Ciotti grazie alle efficaci sollecitazioni del parroco. Un prete che conosce la sua gente, che frequenta le strade del suo quartiere e partecipa alle assemblee del comitato per l’acqua pubblica come a quelle per l’affermazione della cultura della legalità e dei diritti civili. Don Pietro è uno di noi e noi siamo con lui.